“Il Pontaccio”, luogo dell’innocenza perduta, nel primo romanzo della scrittrice pisognese Milena Picinelli

Un'immagine suggestiva di Pontasio, la frazione montana di Pisogne a cui l'autrice si è ispirata (ph. Milena Picinelli)

Recensione di Rosanna Romele per Brescia si legge

Si sta bene al Pontaccio, il tempo non esiste e dicono che la morte sia stata sconfitta, lassù, in quel paesino…

Milena Picinelli, “Il Pontaccio”

“Il Pontaccio” (Serra Tarantola, 2022 – acquista qui) è il primo romanzo di Milena Picinelli: una raccolta di 69 (+1) frammenti, che narrano la parabola esistenziale di un luogo dell’anima, Il Pontaccio, dalle origini (il mito di fondazione) alla fine rappresentata dall’irruzione del mondo reale, materiale, avido e sprezzante. Un testo che racconta in maniera poetica ed evocativa un luogo ispirato ad un paese reale (Pontasio, frazione montana di Pisogne abitata oggi da meno di cento persone) ma chiamato a rappresentare in realtà il luogo dell’innocenza prima, e dell’innocenza perduta poi.

Vero e proprio protagonista della narrazione, il Pontaccio è infatti un luogo al quale si arriva attraverso un rito di iniziazione, metaforicamente rappresentato da un ponte sospeso su un abisso in cui si perde una cascata che sbarra la strada. Solo un atto di fede porta al di là: non tutti sono in grado di attraversare. Ma quando si è al di là, esistono delle certezze: ognuno è accolto, nessuno è giudicato, ciascuno trova il luogo e il tempo per curare le proprie ferite, per ricucire gli strappi interiori che a volte si aprono nel mondo al di qua. Proprio ciò di cui ha bisogno la “tessitrice di storie”, che torna al Pontaccio – il luogo della sua infanzia – per ricostruire i frammenti di un discorso chiamato a riemergere dal passato.

La Tessitrice di storie, portavoce di un mondo che sta scomparendo

Tutti potevano trovare un posto al Pontaccio, tutti potevano essere accolti, costruire casa e vivere secondo il ritmo che l’indole di ciascuno dettava, tutti, purché avessero un cuore puro… o purificato.

Milena Picinelli, “Il Pontaccio”

La Tessitrice di storie, autrice dei frammenti, torna al Pontaccio dopo molti anni e molte vicende che l’hanno segnata. L’ultima, la più dolorosa, la perdita di un amore. Abbandona il mondo del disincanto, dei sensi obnubilati dalle cose e torna là dove la nonna immaginifica le raccontava storie. La sua partenza di molti anni prima è coincisa con la perdita della nonna e di tutto questo mondo che la nonna riusciva a raccontare. Là, al Pontaccio, decide di mettere le tante storie per iscritto e dare una forma all’oralità tramandata di cui ormai è l’ultima portatrice. 

Anche se quel mondo, forse, non le appartiene più, la Tessitrice sente infatti che c’è qualcosa rimasto in sospeso: promesse da mantenere, esistenze che le chiedevano di essere raccontate. Giorno dopo giorno, si ritrova quindi a ricomporre frammenti che narrano di un’umanità semplice, legata alla terra da cui ricava sostentamento.

Nei frammenti, brevi racconti per lo più autonomi uniti però da un filo (il Pontaccio), i valori sono tutti di carattere morale: dignità, accoglienza, generosità ma soprattutto amore. Il mondo vegetale e minerale fa da sfondo al dipanarsi delle storie. Eppure, la profezia annuncia la fine di questa età dell’oro. Sarà compito della Tessitrice di storie, proprio nell’ultimo frammento, dare speranza e paventare la possibilità che questo Eden possa tornare, che i buoni sentimenti possano alla fine avere il sopravvento. La Tessitrice alla fine sarà erede del potere immaginifico della nonna, e ne farà buon uso.

Dare voce alle cose per salvarle dall’oblio

Il Pontaccio, in un certo senso, è un romanzo ciclico in cui alla fine si può immaginare che tutto ricomincerà. È un po’ la “Storia Infinita” del nostro patrimonio orale, in cui dare voce o nome alle cose consente di non perderle, di non lasciarle inghiottire dal vuoto, di salvarle dall’oblio. È un modo per poter affondare le proprie radici un un’esperienza culturale comune e non sentirsi naufraghi alla deriva senza possibilità di approdo.

Il libro di Milena Picinelli è però anche molte altre cose, compresa una metafora del potere curativo della scrittura. Man mano che la Tessitrice trova dentro di sé le parole per raccontare le storie passate e dare un nome ai sentimenti di questa umanità perduta, infatti, trova anche il modo per dare un nome ai propri sentimenti e per ritrovare la forza di sperare. Perché la felicità richiede fortuna, impegno e coraggio e, una volta conquistata, va protetta con cura.

Leggendo “Il Pontaccio” non si può non pensare al nostro ‘900, alla lotta per mantenere l’integrità nonostante due guerre e al soccombere alla società dei consumi sul volgere del secolo. Il secolo breve che pure ha raccolto in sé tanti eventi e cambiamenti come mai prima.


Il Pontaccio di Milena Picinelli.

Titolo: Il Pontaccio
Autrice: Milena Picinelli
Editore: Serra Tarantola, 2022

Genere: Racconti
Pagine: 152
ISBN: 9788867773350

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