Note dal fronte greco-albanese: il prezioso diario di guerra di Giorgio Pirlo, giovane tenente medico salodiano dalla breve e tragica esistenza

Il bresciano Giorgio Pirlo (1913-1944), tenente medico degli alpini nativo di Salò

Letto e recensito da Francesca Scotti per Brescia si legge

Più di tutti sono stati però i salodiani, figli di suoi amici e commilitoni, che hanno condiviso con me e Pino Mongiello lettere, fotografie e racconti: ne è uscito il ritratto di Giorgio Pirlo dolce, schivo, aperto e disponibile verso la cura del dolore altrui, un medico coscienzioso e generoso.

Clara Pirlo, dall’introduzione a “Diario di guerra. Albania e Grecia 1940-1941” di Giorgio Pirlo, p. 9

Oggigiorno, al di fuori di Salò, il bresciano Giorgio Pirlo è noto perlopiù soltanto agli escursionisti che frequentano il rifugio a lui dedicato sulle pendici meridionali del monte Spino, nel parco dell’Alto Garda. Eppure, al suo nome, scelto dalla sezione locale del CAI per commemorare tutti i salodiani periti nel secondo conflitto mondiale, è legato un vissuto denso e toccante.

Nato nel 1913, Giorgio Pirlo, laureato in medicina e specializzato in pediatria, serve in qualità di tenente medico degli alpini negli ospedali da campo della campagna militare italiana in Albania e in Grecia. Rinchiuso in un campo di prigionia nazista ad Atene all’indomani dell’8 settembre 1943, si ammala e muore di tubercolosi il 21 gennaio 1944, poco più che trentenne.

Della sua esperienza al fronte sopravvive un diario di guerra destinato a essere letto in famiglia, un quaderno in cui ha annotato i fatti per lui maggiormente significativi pressoché ogni giorno, dal 10 novembre 1940 al 25 giugno 1941. Nel 2022, questa preziosa testimonianza del passato viene pubblicata da Ronzani in un libro dal titolo “Diario di guerra. Albania e Grecia 1940-1941” (acquista qui). Curato dallo scrittore e sindaco di Salò Pino Mongiello, il testo è arricchito da fotografie, documenti, un adeguato apparato di note e puntuali riferimenti storico-geografici.

Oltre a fornire un racconto di prima mano sul conflitto greco-albanese, il diario di Pirlo trabocca di descrizioni di luoghi e di stati d’animo, di aneddoti quotidiani, di annotazioni su usi e costumi della popolazione greca e albanese. Soprattutto, però, pagina dopo pagina, il libro ci permette di scoprire, tramite il punto di vista dell’autore, la mentalità di buona parte di una generazione italiana che, cresciuta nel culto di Mussolini e imbevuta della propaganda fascista, è andata incontro alla caduta di ogni falso mito e spesso anche di ogni speranza nell’inferno della seconda guerra mondiale.

Note e pensieri di un giovane medico salodiano sul fronte greco-albanese

Aprile 28 [1941]

Le giornate del 28-29-30 non sono caratterizzate da fatti particolari. Da parte mia trascorro la giornata in reparto o al letto di Mauro, il quale purtroppo in questi giorni soffre assai ed è febbricitante. L’ospedaletto è sempre ripiegato. Il grosso degli uomini sta raccogliendo i cadaveri da una zona al di sopra di Tepeleni.

Giorgio Pirlo, “Diario di guerra. Albania e Grecia 1940-1941”, p. 174

Il ritratto che emerge dalle pagine di diario è quello di un giovane uomo curioso, acculturato, vitale, coscienzioso, amante del proprio mestiere di medico e quindi attento nei confronti dei propri pazienti, vicino al dolore degli altri. Giorgio Pirlo è inoltre un acuto osservatore in grado di restituirci un affresco socio-culturale dei luoghi da lui attraversati sul fronte greco-albanese, annotando curiosità e informazioni circa il vestiario, la cucina, l’economia e le usanze religiose delle popolazioni autoctone. Questi interessanti dettagli si sommano alla descrizione essenziale degli scenari di guerra, agli episodi riferiti alla quotidianità della professione medica e al resoconto di momenti di svago e di distensione.

Le campagne militari promosse dall’Italia fascista entusiasmano Pirlo, che si dichiara più volte certo della vittoria del suo paese su ogni fronte. Nella sua esuberanza giovanile, identifica il fascismo e la sua estetica della guerra con il patriottismo e con quella che ritiene una sana forma di nazionalismo. Mussolini, che ha modo di intravedere in Albania, gli appare addirittura una figura paterna. In un’occasione, mostra inoltre di essere influenzato da pregiudizi antisemiti. Pensieri e sentimenti oggi non più condivisibili, ma la cui esternazione si rivela estremamente utile per capire la visione di tutti quei giovani italiani che, come Pirlo cresciuti “a libro e moschetto”, hanno subito l’indottrinamento del partito fascista.

Una pagina e la copertina del quaderno utilizzato da Giorgio Pirlo
per comporre il suo diario di guerra sul fronte greco-albanese

Una coinvolgente vicenda umana che riemerge dal passato

In casa non si parlava molto di lui, forse perché la guerra e soprattutto la sua prematura morte sono sempre stati un ricordo troppo doloroso per tutti. Solo la nonna Gina mi ripeteva: “Perdere un figlio è un dolore troppo grande per una mamma, una ferita che mai si rimarginerà, né il vuoto che ti lascia potrà mai essere colmato da nessun affetto”.

Clara Pirlo, dall’introduzione a “Diario di guerra. Albania e Grecia 1940-1941” di Giorgio Pirlo, p. 7

Il diario si interrompe il 25 giugno 1941, giorno a partire dal quale disponiamo di poche e frammentarie informazioni circa le sorti di Pirlo. Resta indubbio che il tenente medico viene fatto prigioniero dai nazisti il 9 settembre 1943, solo un giorno dopo la firma dell’armistizio tra l’Italia e le forze anglo-americane. Internato in un campo di concentramento, contrae la tubercolosi e le sue condizioni di salute si aggravano progressivamente nei mesi a seguire, fino a portarlo alla morte. I documenti che provano tali fatti sono tutti inclusi nel libro e fra essi spiccano una lettera di Pirlo al fratello Vittorio (sindaco di Salò dal 1955 al 1960 e tra i fondatori della locale sezione del CAI), la lettera di uno zio allo stesso Pirlo e la comunicazione ufficiale del decesso del giovane salodiano.

Come sottolinea il curatore Pino Mongiello nella postfazione, non possiamo sapere con certezza se Pirlo sia stato internato per aver rifiutato di aderire alla Repubblica sociale italiana, se in lui sia sopraggiunto un mutamento di mentalità, un’intima conversione civica e politica a fronte dei drammatici avvenimenti che hanno investito lui e il mondo in cui viveva. Ciò che è innegabile, tuttavia, è la sofferenza di Pirlo nei mesi della prigionia e della malattia. E quanto emerge con più viva forza dal diario è proprio la carica tragica della breve esistenza del suo autore, un giovane morto da prigioniero in seguito a una logorante malattia, lontano dal suo paese e privato dei suoi affetti, lasciato solo ad affrontare la dissipazione di tutte le sue illusioni, di tutti i suoi sogni, di tutti i suoi progetti.

Un dramma intimo, il suo, ma non solo. È anche di tanti altri giovani come lui, di tutta una generazione a cui la propaganda fascista ha fatto promesse di cenere e restituito morte e irreparabili dolori. Un dramma che ora si offre a noi lettori grazie al grande lavoro di ricerca della nipote dell’autore, Clara Pirlo, e all’indispensabile apporto del curatore, rimasto talmente coinvolto dalla vicenda umana che si è ritrovato tra le mani da visitare lui stesso i luoghi in cui è ambientato il diario.

Il ricavato delle vendite del libro è devoluto a CASOP Onlus (Comitato Assistenza Sociosanitaria in Oncoematologia Pediatrica). È questo un significativo tributo della famiglia al proprio antenato e al suo operato come medico, al buono che c’era in lui e che sopravvive nella memoria dei posteri. Una scelta che amplifica ulteriormente il valore umano del “Diario di guerra”, un libro d’interesse storico che riporta a galla la voce di un giovane altrimenti sommersa dal tempo e che nondimeno suscita importanti riflessioni sulla guerra, che tuttora e sempre ritorna a insanguinare la nostra storia.


Titolo: Diario di guerra. Albania e Grecia 1940-1941
Autore: Giorgio Pirlo

Curatore: Pino Mongiello
Editore: Ronzani, 2022

Genere: Diario
Pagine: 242
ISBN: 9791259970022

Se vuoi acquistare questo libro online, fallo attraverso questo link: sosterrai il progetto Brescia si legge.

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Francesca Scotti

Classe 1991. Cresciuta in Franciacorta, vive a Brescia, sua città natale. Ha studiato letteratura inglese e tedesca, laureandosi con una tesi sui rapporti fra la cultura tedesca e il nazionalsocialismo. Legge e scrive per vivere. È autrice della silloge di racconti “La memoria della cenere” (Morellini, 2016) e dei romanzi “Figli della Lupa” (Edikit, 2018), “Vento porpora” (Edikit, 2020) e "La fedeltà dell'edera" (Edikit, 2022). Anima rock alla perenne ricerca di storie della resistenza bresciana, si trova maggiormente a suo agio tra le parole dei libri e sui sentieri di montagna.

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