Una voce femminile nel cuore dell’Umanesimo nell’antologia di epistole di Laura Cereta curata da Sandro Princiotta

Umanista bresciana, nata nel 1469 e morta appena trentenne, Laura Cereta è una delle figure più originali e ancora troppo poco note dell’Umanesimo italiano. Il volume Laura Cereta. Lettere scelte (Argolibri, 2025) curato da Sandro Princiotta, docente all’Università di Macerata, offre l’occasione per conoscere quattordici lettere dall’ampio epistolario latino della scrittrice, accompagnandole con un’introduzione accurata e con la traduzione italiana a fronte. Ne emerge il ritratto di un’intellettuale curiosa, vivace e combattiva, capace di dissertare su temi filosofici e religiosi, come di contribuire con interventi incisivi su questioni chiave della sua epoca. 

A lungo Laura Cereta è rimasta ai margini della memoria culturale, apprezzata più all’estero che in Italia.

Per quanto, infatti, essa rappresenti una figura di interesse nella cultura della seconda metà del Quattrocento, la sua importanza è stata colta e valorizzata soprattutto a partire dagli anni ’90, quando, grazie al contributo di ricercatori d’Oltreoceano, sono stati condotti degli studi di spessore che hanno affrontato l’analisi dell’opera della Cereta e cercato di definirne la posizione all’interno dell’Umanesimo italiano.

Gli interventi principali in tal senso si devono ad Albert Rabil Jr. (Laura Cereta, Quattrocento Humanist, Center for Medieval and Early Renaissance Studies, New York, 1991)che ha lavorato a una cronologia delle lettere dell’epistolario e a una ricostruzione delle linee generali della biografia della scrittrice, e a Diane Robin (Laura Cereta, Collected Letters of a Renaissance Feminist, Chiago University Press, 1997) che, all’interno del vasto e vario corpus della Cereta,  si è concentrata particolarmente sui testi “proto-femministi”, in cui vengono rivendicati il valore dell’ingegno femminile e uno spazio di ascolto per anche per le opinioni delle donne all’interno di un panorama culturale essenzialmente controllato dagli uomini. 

Solo nel XXI secolo anche a Brescia sono stati condotte delle ricerche, coordinate dalla Prof.ssa Elisabetta Selmi, risultate nei contributi pubblicati da Civiltà Bresciana in La scrittura femminile a Brescia fra il Quattrocento e l’Ottocento (2001) e Le stanze segrete: storia e antologia della scrittura femminile a Brescia dal XV secolo al XX secolo (2008). Questi studi più recenti, oltre a proporre una selezione di epistole tradotte in italiano, indagano la fitta rete di relazioni culturali in ambito locale e padano-veneto fra la Cereta e scrittori, grammatici, religiosi.

La silloge curata da Princiotta, sulla base degli studi preesistenti, delinea la parabola biografica della Cereta — educazione paterna eccezionale, matrimonio breve e infelice, precoce vedovanza e successivo ritiro —, restituendo nella figura di Laura Cereta l’emblema di una condizione femminile alla ricerca costante di un equilibrio tra studi e credibilità sociale, aspirazione alla fama e silenzio.

La brevissima parabola esistenziale di Laura Cereta è racchiusa negli anni che vanno dal 1469 al 1499.

Figlia del giureconsulto Silvestro Cereto, Laura, dopo aver ricevuto, come di prassi, un’educazione iniziale in convento, una volta tornata a casa, fu presa in cura dal padre, probabilmente colpito dall’intelligenza della ragazza, che si assunse l’incarico di istruire personalmente la giovane, fornendole un’accurata formazione in letteratura e lingua latina e italiana, in retorica, filosofia, astronomia e in ambito religioso.

A quindici anni, età consueta per l’epoca, Laura andò sposa ad un mercante, Pietro Serina. Il matrimonio, durato solo diciotto mesi a causa della prematura scomparsa del marito, fu attraversato da incomprensioni dovute, scrive Princiotta, alle “differenze di rango sociale tra i due – lei donna aristocratica, lui uomo d’affari – e ai frequenti spostamenti dell’uomo”.

Laura reagì al lutto cercando conforto nelle sue passioni di sempre: la scrittura e lo studio, approfondite e sostenute, però, da un particolare e recente trasporto verso la religiosità e la spiritualità. Nel 1488 l’epistolario latino di Laura Cereta fu divulgato, accompagnato da una dedica al Cardinale Ascanio Maria Sforza.

La morte del padre, avvenuta pochi mesi dopo, segnò un definitivo stacco per la giovane che, priva del suo mentore e sostenitore, e probabilmente in difficoltà a far fronte alle accuse che criticavano la sua figura, ritenuta troppo esposta alla notorietà pubblica (almeno, più di quanto fosse ritenuto decoroso per una donna), optò per una vita ritirata. Di fatto, non vi sono certezze su come Laura Cereta trascorse gli ultimi undici anni di vita prima della sua morte, avvenuta nel 1499.

Nell’introduzione, densa ma accessibile, Princiotta fornisce al lettore non specialista le chiavi per comprendere il contesto e l’opera della Cereta.

Le epistole selezionate e tradotte puntano a restituire la varietà tematica del corpus che spazia da raffinate dissertazioni umanistiche sulla natura del piacere o sul ruolo della Fortuna nelle vicende umane a  lunghe gallerie di exempla mitologici, biblici e storici, a lettere focalizzate su temi di attualità e più legati al contesto locale come, ad esempio, le invettive contro l’ostentazione del lusso (polemica, del resto, in linea con le leggi antisuntuarie che furono adottate nel Medioevo e nella prima Età Moderna in più parti d’Italia e d’Europa) o il culto delle reliquie in città. Nel volume troviamo, fra le altre, lettere rivolte al padre o al marito o ad altri familiari, ma anche l’epistola-trattato sull’amicizia a una sconosciuta Santa Pellegrina, un resoconto della propria vita destinato a Nazaria Olimpica, nonché alcuni testi fra i più celebri della scrittrice come quelli per il vicario minorita Ludovico della Torre sul talento delle donne o per Agostino degli Emigli contro la vanità femminile o, ancora, l’invettiva alla, per noi sconosciuta, Lucilia Vernacola “contro le donne che disprezzano le donne colte”. 

Le riflessioni di Laura Cereta sulla condizione femminile (riflessioni che, come si diceva, hanno attirato in passato l’attenzione di studiosi d’Oltreoceano) trovano, infatti, nel volume adeguato rilievo. Puntualizza Princiotta a questo proposito:

Tra le questioni più dibattute dall’autrice nel suo epistolario ne ricorrono particolarmente tre, connesse alla condizione femminile. In primo luogo, il tentativo di riscoprire e ristabilire, attraverso lo studio e le testimonianze del passato e della storia, l’importanza del contributo femminile nell’edificazione della cultura e della civiltà. Inoltre, è presente la rivendicazione del diritto delle donne – che sono intellettualmente dotate e capaci, per natura- di ricevere un’istruzione in campo letterario e scientifico. Infine, troviamo la prese di coscienza riguardo alla condizione di sottomissione delle donne, all’interno del vincolo matrimoniale e, più in generale, sul piano culturale e morale.

Laura Cereta, Lettere Scelte, p. 54

La figura di Laura Cereta segna l’inizio di una tradizione di donne colte che ben riflette riflette alcuni aspetti della “rivoluzione umanistica”, quando, in alcune famiglie “progressiste” dell’alta borghesia e dell’aristocrazia italiana, i padri decisero di offrire alle figlie la stessa educazione dei maschi, nella convinzione che l’istruzione fosse elemento essenziale di elevazione umana.

Da questo nuovo clima culturale nacquero le prime figure di letterate che, pur tra ostacoli e sacrifici, riuscirono ad affermarsi per cultura e talento. In ambito veneto spiccano le sorelle Isotta e Ginevra Nogarola, Cassandra Fedele e, appunto, Laura Cereta.

Sarà la generazione successiva a raccogliere i frutti del loro impegno. Nella prima metà del Cinquecento fiorì infatti una stagione di poetesse — Veronica Franco, Gaspara Stampa, Isabella Colonna e la bresciana Veronica Gambara — e di donne colte e fiere del proprio sapere, per questo motivo spesso ritratte nell’atto di scrivere o leggere.

La vicenda della Cereta è significativa anche per comprendere i limiti e le possibilità concessi alle donne nella Brescia di fine Quattrocento. Ella scrive sostenuta dal padre, che la incoraggiò a farsi conoscere inviando le sue epistole latine a grammatici e studiosi. Come lei stessa racconta, tali scritti suscitarono ammirazione, ma anche invidia e maldicenza: molti insinuavano che lettere così eleganti non potessero essere opera di una donna, ma del padre. La scrittrice dovette difendersi con tenacia da queste accuse, sfoderando la sua abilità retorica e rivelando la sua agguerrita personalità. La morte del padre, principale figura di sostegno, la costrinse ad abbandonare l’arena letteraria.

Il lavoro di Princiotta ha il merito di rendere accessibile ai lettori la forza della parola femminile alle origini dell’età moderna, riportando alla luce una voce potente e attuale di studiosa ed erudita.

Lettere scelte rappresenta, dunque, un invito a riscoprire un pensiero coraggioso e raffinato, che ancora oggi parla di libertà, educazione e dignità femminile. Un’occasione per far uscire Laura Cereta dal cono d’ombra in cui la storia sembra averla fin qui relegata


Titolo: Laura Cereta. Lettere scelte
Autore: a cura di Sandro Princiotta
Editore: Argolibri, 2025

Genere: raccolta di lettere
Pagine: 280
ISBN: 9788831225458

Silvia Lorenzini

Bresciana, laureata in Lettere Classiche presso l'Università di Pavia. Ha trascorso anni a girovagare fra la Germania e l'Inghilterra per ragioni di studio, di lavoro e di amore. Dal 2005 insegna Italiano e Latino in uno dei licei cittadini. Appassionata di storia locale, adora la montagna, la musica, i libri e non saprebbe vivere se le mancasse anche solo una di queste tre cose.

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