“Notturno”: la fotografia di Stefano Riviera per riscoprire il Vantiniano, primo cimitero monumentale della storia dell’arte

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Per la stragrande maggioranza dei bresciani, il Cimitero Vantiniano (o semplicemente “Il Vantiniano”) è il luogo nel quale essi si recano per ricordare coloro che non sono più tra noi. Pochi sanno, tuttavia, che quello di Brescia è il primo cimitero monumentale della storia dell’arte.

A ricordarcelo è lo splendido libro fotografico “Notturno – Fotografia d’arte al Cimitero Vantiniano”, pubblicato da Fen Edizioni (2022 – acquista qui) e fortemente voluto dall’Associazione Culturale Capitolium, che si è avvalsa degli eccezionali scatti di Stefano Riviera: un viaggio per immagini dall’indubbio valore artistico e culturale, i cui proventi verranno destinati proprio alla conservazione e al restauro dello straordinario cimitero monumentale bresciano.

In una luce totalmente diversa da quella diurna, accompagnato dai versi di autori quali Cesare Arici, Pietro Galvani, Giuseppe Nicolini, Demetrio Ondei, il lettore viene guidato grazie alle splendide fotografie in bianco e nero di Riviera alla scoperta di luoghi ed opere d’arte di rara bellezza e suggestione, a cominciare dalla Cappella di San Michele Arcangelo, posta al termine del viale d’accesso, il cui ingresso è vegliato da due leoni marmorei.

Un alternarsi di luce e buio, passato e presente

“Notturno”, parafrasando Céline, è un “viaggio dal crepuscolo al termine della notte”, una sorta di passaggio attraverso la soglia che divide l’immanenza della vita dalla trascendenza della morte. Attraversando numerose sale e portici, è l’alternarsi di luce ed oscurità a creare un raccordo tra passato e presente, conferendo una straordinaria potenza evocativa alle immagini di questo libro, tra le quali è assai arduo indicare le più significative.

Possiamo citare quella del Faro (che, tra l’altro, costituì esplicita fonte d’ispirazione per la Colonna della Vittoria, simbolo di Berlino, progettata dall’Architetto Johann Heinrich Strack): alto sessanta metri, sormontato da una lanterna che indica la via a chi vaga nelle tenebre della morte, costituisce però anche un invito costante ai vivi, affinché non dimentichino chi ha lasciato questo mondo.

Proprio nella sala circolare posta alla base del Faro si trova il monumento funebre del Vantini, ritratto da angolazioni diverse; la luce ne accarezza il volto, ne proietta l’ombra lunga sulla parete retrostante, in un’atmosfera al contempo sospesa e solenne.

Altre immagini di grande impatto sono quelle dedicate al monumento, a tronco di piramide, del Beato Giovanni Battista Bossini: la luce frontale, che ne avvolge la figura marmorea, conferisce ancor maggiore intensità al momento di preghiera nel quale è stato raffigurato.

Da Saint-Cloud alla nascita del Vantiniano

La storia del cimitero Vantiniano inizia, in un certo senso, il 12 giugno 1804, data in cui venne emanato l’editto napoleonico di Saint-Cloud, esteso al Regno d’Italia il 5 settembre 1806 dal “Decreto portante il Regolamento sulla polizia medica”.

Tale provvedimento disciplinava dettagliatamente la pratica dell’inumazione dei defunti.

In primo luogo, venne vietata la sepoltura non solo all’interno di edifici sacri (es. chiese, templi, sinagoghe), ma altresì in ospedali, cappelle pubbliche o luoghi chiusi, comunque utilizzati dai cittadini per la celebrazione dei propri culti. Al contempo, fu stabilito che le inumazioni dovessero avvenire in aree esterne alle città, in posizione elevata, a 35-40 metri di distanza dagli abitati, circondate da mura di cinta alte almeno due metri; inoltre, venne disposto che le tombe fossero tra loro tutte uguali (fatta salva la possibilità, a fronte di donazioni in favore di poveri od ospedali, ed a seguito di autorizzazione di un’apposita commissione, di avere in concessione terreni sui quali costruire i propri sepolcri e monumenti commemorativi).

L’editto aveva due distinte finalità: la prima, di natura igienico-sanitaria (la sepoltura di un numero crescente di cittadini, specie nelle chiese ed in tombe scarsamente curate, provocava miasmi ed effluvi, con conseguenti elevati rischi di propagazione di malattie contagiose); la seconda, di carattere ideologico-politico, ossia il rispetto del principio di eguaglianza nato dalla Rivoluzione francese.

Quell’editto fu, tra l’altro, all’origine di uno dei capolavori della letteratura italiana, ovvero “Dei Sepolcri” di Ugo Foscolo, il cui carme è un forte j’accuse al provvedimento di Napoleone: esso, nel voler affermare un principio egualitario, finiva non solo per incrinare il rapporto tra i vivi e i morti che si instaura per il tramite della tomba (considerata quale luogo di pietà, affetto, ricordo, simbolo di civiltà), ma altresì per consegnare all’oblio uomini di grande cultura, ingegno e valore, che meritavano invece di essere degnamente ricordati.   

Curiosamente, la prima edizione dell’opera foscoliana venne pubblicata nel 1807 proprio a Brescia, che fu tra le prime città a dare attuazione al provvedimento, affidando la realizzazione del cimitero comunale all’Architetto Rodolfo Vantini, il quale vi lavorò, a partire dal 1814, per tutto il resto della propria vita.

Il progettista, tuttavia, riuscì a superare i rigidi dettami dell’editto napoleonico, realizzando uno straordinario complesso, caratterizzato dalla presenza di edifici e portici in stile neoclassico, che gli sopravvisse, venendo infatti ulteriormente ampliato sino ai primi anni del secolo scorso.

Un’opera monumentale, che l’Associazione Culturale Capitolium si impegna da anni a tutelare e a valorizzare in maniera assolutamente meritoria attraverso attività di restauro, visite guidate e pubblicazioni come appunto questo pregevole libro fotografico.


Titolo: Notturno. Fotografia d’arte al cimitero Vantiniano
Curatori: a cura di Associazione Culturale Capitolium, fotografie di Stefano Riviera
Editore: Fen, 2022

Genere: Libro fotografico
Pagine: 120
ISBN: 9788894645996

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