“Frammenti di memoria”: sedici testimonianze dal fronte per tramandare ai posteri l’esperienza di molti ragazzi bresciani sui fronti della Seconda Guerra Mondiale

Ogni reduce è stato un prezioso testimone, uno splendido raggio di sole che con la propria luce mi ha arricchito, donandomi una parte di sé, permettendomi quindi di conoscere una porzione della sua vita.

Viviana Filippini, Frammenti di memoria, p.6

Un paio di vecchie fotografie, una medaglia al valore, i ricordi sbiaditi della madre e della zia, sono tutto quello che rimane all’autrice del nonno materno Giuseppe Seller, bersagliere originario di Verolavecchia, che prese parte alla Seconda Guerra Mondiale e venne catturato ad El Alamein nel 1942 dove vi rimase detenuto in prigionia fino al 1947.

Per il desiderio di conoscere di più, Viviana Filippini (giornalista bresciana con all’attivo diverse collaborazioni e pubblicazioni) ha iniziato una minuziosa ricerca prima negli archivi storici e poi tra le vie del suo paese, riuscendo a riscostruire un percorso individuale, ma rappresentativo del destino non solo del nonno ma anche di molti ragazzi chiamati alle armi in quel periodo. Dopo aver reperito l’elenco di alcuni reduci ancora in vita, muovendosi di casa in casa, tra un caffè, la commozione e la voglia di raccontare il proprio vissuto, ha raccolto sedici storie di ragazzi classe 1919/1924, allora diciannovenni o poco più, chiamati alle armi negli anni dal 40 al 43 e tornati uomini.

Storie a tratti comuni, ma caratterizzate da percorsi unici, che attraversano le principali campagne militari: Francia, Albania, Grecia, Africa Settentrionale. C’è chi ha combattuto in prima linea, chi è stato fatto prigioniero, chi ha provato a fuggire e chi si è salvato per puro caso. Tutte le storie pazientemente raccolte da Viviana Filippino sono oggi al sicuro, messe a disposizione di lettrici e lettori nel volume Frammenti di memoria, edito dalla casa editrice Angolazioni (2024) di Orzinuovi.

La raccolta di preziose testimonianze condotta da Viviana Filippini è corredata da immagini fotografiche reperite dai suoi reduci e da una breve cronologia della Seconda guerra mondiale 1939-1945, che aiuta a orientarsi tra i molti fronti e tra le tante vicende in cui si trovarono invischiati i reduci intervistati. Il pregio principale è però quello di darci la la possibilità di toccare con mano cosa visse la generazione degli anni Dieci e Venti del Novecento: come si patì la fame, come ci si scaldava dal gelo della Russia, come si cercava disperatamente riparo durante i bombardamenti, come furono gli anni di prigionia, la paura, la speranza, l’amicizia  e quanto fosse il desiderio di poter tornare alle proprie case con i propri affetti.

Il tutto a partire da storie comuni, ma uniche, che restituiscono in maniera efficace la dimensione mondiale del conflitto accompagnando il lettore tra fronti vicini e lontani, campi di prigionia e precipitose ritirate nel deserto.

Come nel caso di Giuseppe Gennari invece inviato in Libia a combattere in Africa settentrionale sotto il comando delle truppe italo-tedesche guidate dal celebre generale Erwin Rommel, noto come la Volpe del Deserto. Le battaglie nel deserto erano molto dure, sia per le condizioni climatiche sia per la ferocia dei combattimenti.  Partecipò alla ritirata dall’africa delle truppe italo-tedesche del ’42 di El Alamein.

La lotta fu concitata e violenta, accanto a me c’era un mio amico di Milano, Mussana se non ricordo male, che continuava a ripetermi Boccia sta giù con la testa! Boccia sta giù con la testa! Poi, lui che tanto si preoccupava per me venne colpito in pieno al capo e morì sul colpo.

Viviana Filippini, Frammenti di memoria, p.173

Tra le storie più avventurose e sofferte si distinguono anche quelle che riguardano gli Internati Militari Italiani, costretti a passare lunghi periodi in campi di lavoro tanto nella Germania nazista quanto negli Stati Uniti alleati.

Giovanni Battista Gozzoli, ad esempio, fu chiamato presto alle armi, ma la sua vita cambia radicalmente con l’armistizio del 8 settembre 1943 quando migliaia di soldati italiani rimasero senza ordini e totalmente disorientati. Giovanni viene catturato dai tedeschi e deportato in Germania dove visse quasi due anni da prigioniero IMI (Internato Militare Italiano) perché si rifiutò di aderire alla Repubblica Sociale Italiana e collaborare con i nazisti. La sua prigionia fu segnata da gravi privazioni: poco cibo vestiti insufficienti per affrontare il freddo, lavoro forzato in fabbriche e soprattutto visse la degradazione umana, la perdita della propria identità, il sentirsi abbandonato dal proprio Paese. Nonostante questo, non rinnegò mai i propri valori mantenendo la sua integrità morale.

Io non sapevo nulla dei campi di concentramento per i prigionieri militari e non avevo la più pallida idea di dove ci avrebbero condotto. Ci caricarono su un treno che da Bergamo si mosse in direzione di Vercelli da qui verso la nostra meta, il campo di concentramento di Mossingen. Il treno sul quale viaggiavamo era denominato La tradotta dei martiri e ho capito solo viaggiandoci sopra il perché di quel nome.

Viviana Filippini, Frammenti di memoria, p.87

Finì invece addirittura oltre-oceano Faustino Barili, partito anch’egli giovanissimo per il fronte ed assegnato in Sicilia al XII-12° Reggimento Autocentro Palermo-Austria, vi rimase fino a quando venne catturato dagli Alleati nell’estate del 43 e trasferito negli Stati Uniti dove vi rimase per 5 anni. Fu un periodo lungo e durante la prigionia fu impegnato in lavori agricoli, i campi di lavoro organizzati per i prigionieri italiani. Durante questo periodo Barili si confronta con una realtà completamente diversa da quella Italiana, descrive con interesse la scoperta di tecnologie nuove, come il frigorifero e i cibi in scatola, cose che lo colpirono molto provenendo da una semplice realtà contadina priva di simili comodità. Fu un periodo emotivamente duro per la lunga separazione dalla famiglia e per la distanza dalla propria terra.

Il 6 settembre 1943 arrivammo a New York, tutti noi prigionieri eravamo fisicamente debilitati, magri e in condizioni igieniche precarie. Quando sbarcammo i militari che ci accolsero ci sottoposero ad un accurato lavaggio fisico, ad una visita medica, ci rifocillarono e ci consegnarono una divisa militare con la lettera W. Questa lettera serviva a identificare tutti noi come prigionieri di guerra.

Viviana Filippini, Frammenti di Memoria, p.74


Titolo: Frammenti di memoria
Autore: Viviana Filippini
Editore: Angolazioni 2025

Genere: testimonianze storiche
Pagine: 298
ISBN: 978-88-98993-8

Adriana Bettanini

Nata a Brescia negli anni 70, in possesso di un diploma tecnico che le ha permesso di affacciarsi al mondo del lavoro giovanissima, ora che anche le sue tre perle sono grandi, riesce a godersi tutto il tempo che ha a disposizione. Legge da sempre, spaziano da classici a narrativa e non disdegnando alcun genere, basta poter tenere in mano un libro. Ama viaggiare alla scoperta di culture, mondi e realtà lontane dalle nostre, come ama l’arte in tutte le sue forme. La sua passione, lasciarsi incantare dalla bellezza della natura che la circonda anche quando con un paio di scarponi raggiunge vette o entra semplicemente in un bosco. Non vuole perdersi nulla di quello che giorno con giorno la vita le può offrire avendo sperimentato in prima persona che del domani non c’è certezza. Il suo sogno nel cassetto una Laurea in Lettere mancata a suo tempo.

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