La ‘Fabrica’ della via Crucis: un lavoro imponente per mettere finalmente ordine ricostruendo la storia del sito e quella del recente restauro

Letto e recensito da Rosanna Romele per Brescia si legge
Cerveno è un piccolo borgo medievale raccolto alle pendici del monte Concarena in media Valcamonica. Se in anni recenti è diventato anche luogo di transito di tanti escursionisti che percorrono l’Antica via Valeriana, in passato è stato soprattutto un importante luogo di devozione per i valligiani.
Dalla metà del XVIII secolo, Cerveno ospita infatti il santuario della Via Crucis con le varie stazioni costituite da gruppi scultorei realizzati in prevalenza dall’artista Beniamino Simoni con uno stile decisamente peculiare. Questo edificio, addossato alla Parrocchiale di San Martino e facente parte di un complesso architettonico molto antico, costituisce un unicum: per lungo tempo snobbato dalla critica artistica, è stato portato all’attenzione del pubblico da grande critico e intellettuale milanese Giovanni Testori negli anni ’70 del Novecento e da allora è stato fatto oggetto di numerosi studi e volumi.
Tra questi, un posto di riguardo lo merita sicuramente “La ‘Fabrica’ della Via Crucis. Il Santuario di Cerveno tra ricerca e restauro”, curato da Marco Albertario. Un volume imponente, edito da BAMS che ha il merito di mettere ordine – in poco più di 350 pagine di pregevole fattura, al prezzo di 70 euro – nel corpus frammentario delle ricerche precedenti presentando uno studio organico di tutti gli aspetti relativi a questa straordinaria opera.
Quasi un Sacro Monte
Grazie ai francescani, le Vie Crucis hanno avuto una forte distribuzione nel corso del Settecento, ma comunemente le 14 stazioni venivano rappresentate su tavole dipinte e collocate lungo le pareti delle chiese o, come nel caso dei Sacri Monti, all’interno del paesaggio.
Questi percorsi devozionali nacquero con l’intento di offrire ai credenti un’esperienza, un pellegrinaggio simbolico a Gerusalemme, sui luoghi della Passione, Morte e Resurrezione di Cristo, una sorta di Santuario del Santo Sepolcro, anch’esso appannaggio dell’ordine francescano.
A Cerveno tutto il percorso devozionale si svolge invece all’interno di un edificio la cui architettura in pendenza, quasi un Sacro Monte, vuole simboleggiare la salita al Golgota. Le stazioni della Via Dolorosa sono costituite da cappelle che ospitano gruppi scultorei lignei. La forza espressiva e l’impatto emotivo suscitato da queste sculture doveva sortire l’immedesimazione del devoto. L’alta drammaticità scenica e il movimento del fedele da una stazione all’altra della Via Crucis creava un’azione quasi teatrale. A Cerveno si svolgeva ogni Venerdì Santo una rappresentazione della morte di Cristo con figuranti in costume. L’edificazione di un Santuario dedicato alla Via Crucis forse serviva anche a controllare e normalizzare gli eccessi che potevano verificarsi in una rappresentazione popolare spontanea.
La Santa Crus, tanto attesa quanto partecipata, si svolge ancora con cadenza decennale.
Una realtà dimenticata, velata, distorta, tradita
Le Capèle, come sono comunemente conosciute, costituiscono oggi uno dei più interessanti beni dell’inestimabile patrimonio culturale della Valcamonica. Tuttavia fino al Novecento l’opera di Beniamino Simoni a Cerveno era liquidata come espressione di arte popolare.
Indubbiamente alcune figure del Simoni sono fortemente caratterizzate da tratti somatici che un tempo si potevano ritrovare anche nelle fisionomie delle vallate alpine. Questo naturalismo delle forme forse era considerato rozzo dalla critica. Un aneddoto: fino a non molti anni orsono in Valcamonica, quando si incontrava una persona con caratteristiche fisiche particolari, era uso definirla Capèle de Hervé.
Tra Otto e Novecento, nell’ambito della critica, si levarono alcune voci a favore dell’arte di Beniamino Simoni, ma sarà Giovanni Testori il grande cantore di quest’opera abbarbicata tra monti della Valcamonica. Testori, col suo saggio carico di forza empatica rivolta al mondo contadino, alla gente del popolo, alla cultura bassa, affrontò però il problema Simoni in termini umanistici più che storico-artistici.
Altre pubblicazioni sono seguite e hanno di volta in volta indagato i vari aspetti artistici, antropologici, folclorici legati a Cerveno, alle Capèle e alla Santa Crus.
Tra ricerca e restauro
Il volume curato da Marco Albertario e realizzato con la collaborazione degli studiosi Monica Ibsen, Maria Letizia Casati, Federico Troletti, Riccardo Panigada, Lidia Rigon e Maria Stefania Matti, ha il merito di mettere finalmente ordine nel corpus frammentario delle ricerche precedenti presentando uno studio organico di tutti gli aspetti relativi a questa straordinaria opera.
Dato alle stampe al termine dei lavori di restauro che hanno interessato i gruppi scultorei e l’apparato decorativo del Santuario il libro è diviso idealmente in due parti.
La prima, prettamente storica, raccoglie saggi sugli aspetti architettonici, sulle fonti, sulla decorazione pittorica del corridoio e delle cappelle (elemento in precedenza trascurato a beneficio delle sculture); sui pochi cenni biografici del Simoni, documentati per lo più durante la sua permanenza a Cerveno e sulla sua opera artistica oltre agli interventi dei Fantoni e degli altri artisti che hanno operato nel complesso. Ne emergono dati inediti, documenti, raffronti. Molto interessante la ricostruzione fatta da Albertario delle vicende legate ai restauri e alla manutenzione che hanno interessato il sito già a partire dall’Ottocento. Dai documenti storici emerge il disinteresse della cultura ufficiale del tempo verso questa particolare opera.
La seconda parte, più tecnica, entra nel vivo dei lavori di restauro sulle sculture e sugli affreschi curati dal Consorzio Indaco, costituitosi appositamente nel 2010 per affrontare questo cantiere. Il Consorzio si è avvalso dei lavori di cinque restauratori: Gabriele Chiappa, Alessandra Didoné, Eugenio Gritti, Luciano Gritti e Giovanna Jacotti. Portatori di competenze diverse, questi professionisti hanno potuto operare sulle varie tipologie di materiali che costituiscono le opere del complesso del Santuario della Via Crucis.
I lavori di restauro hanno richiesto un intervento lungo ben 14 anni.Il volume è corredato da un ricco apparato fotografico realizzato da Fotostudio Rapuzzi che documenta l’intera opera e raffronta con un prima e un dopo gli interventi di restauro.

Titolo: La «fabrica» della Via Crucis. Il Santuario di Cerveno tra ricerca e restauro
Autore: Marco Albertario (a cura di)
Editore: BAMS Photo, 2024
Genere: Saggio
Pagine: 368
ISBN: 9788897941705
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