Da soccorritore a paziente (e ritorno). Il calvario di Armido Cremaschi nel limbo del Covid
Recensione di Chiara Massini per Brescia si legge
23 febbraio 2020, ore 21.55
Io sono abbastanza sicuro di superare un’eventuale infezione di Covid19.
Armido Cremaschi
19 febbraio 2020. Durante un servizio in ambulanza Armido, pensionato attivo nel sociale, in ottima salute fisica e mentale, contrae l’infezione da SARS-COV-2. Quel giorno segna l’inizio di un calvario che durerà 4 mesi, tra alti e numerosi bassi, tra consapevolezza e molta incertezza, tra la paura di essere sconfitto da quel nemico ignoto e la speranza di tornare alla vita di tutti i giorni.
“Diario dal limbo COVID-19”, edito da Lamantica, è il racconto puntuale di questa esperienza intensa vissuta in prima persona dall’autore. Cinque racconti a metà tra sogno e realtà alternano una ricca corrispondenza con la famiglia e gli amici da cui traspare il forte legame, il bisogno di sapere sempre come sta l’altro prima di sé stessi, e di scambiare informazioni dai diversi fronti di guerra.
A scuola abbiamo imparato che le guerre sono fatte da uomini contro altri uomini, soldati che formano due schieramenti e cercano di spostare l’ago della bilancia dalla propria parte. Una guerra è fatta di tante battaglie ma alla fine ci sono vincitori e vinti, vittorie e sconfitte. La guerra raccontata in questo memoir è di fatto diversa, è quella tra l’umanità e un virus ignoto, ma è comunque costellata da battaglie, da sconfitte, e da piccole e grandi vittorie. Ci sono i comandanti, che in questo caso sono i medici alla ricerca del modo migliore per affrontare il nemico, ci sono le armi come l’ossigeno e la tachipirina, e c’è anche la lotta quotidiana combattuta in prima linea dagli eroici soldati semplici. Come Armido Cremaschi, soccorritore e paziente, autore di questo diario struggente.
Da soccorritore a paziente
Armido Cremaschi è un marito, un papà e un nonno, ma anche un soccorritore volontario a Verolanuova e a Cremona. Proprio durante il trasporto di una paziente in ospedale, scopre di aver contratto quel virus, che oggi tutti conosciamo. Siamo verso la fine di febbraio 2020 e i telegiornali parlano di una banale influenza risolvibile in pochi giorni. Circola cioè l’illusione che la situazione si possa sistemare in breve tempo e lo stesso Armido, dopo aver saputo di essere infetto, è ancora fiducioso di potersela cavare, non avendo infatti una situazione clinica preoccupante.
Quello che accadrà invece nel giro di pochi giorni smentirà ogni pronostico.
La situazione precipita: la febbre è alta e la saturazione al limite. La provincia è nel caos, non c’è più il reagente per fare i tamponi, la media è di 10 interventi per ambulanza in sei ore e gli ospedali cominciano ad essere pieni. Armido viene ricoverato al Civile a Brescia, sembrerebbe solo per fare un tampone, ma da quel letto di ospedale uscirà solo 4 mesi dopo. In questo lungo lasso di tempo combatte per sopravvivere, all’inizio cercando di comprendere e dare un senso a qualcosa che nemmeno i medici sanno affrontare, tra notti insonni e pastiglie dimenticate.
La rabbia e l’impotenza traspaiono dalle prime pagine, in cui a prevalere è l’Armido soccorritore, che segna tutti i parametri vitali e vuole aiutare gli stessi sanitari. Dà consigli ai parenti chiusi in casa e addirittura programma una vacanza perché lui si considera già guarito, anche se i medici si ostinano a tenerlo prigioniero lì. Poi volti pagina e quel paziente che sostiene di essere pronto a fare le valigie per le Hawaii te lo ritrovi in terapia intensiva, intubato e ad un passo dal tirare i remi in barca, ridotto come una larva (nel frattempo è passato da 75 a 57 kg) o, come sostiene lui stesso, un Cristo in croce che ad ogni movimento rischia di far suonare qualcosa.
Sono molte le occasioni in cui la guerra che sembra vinta in realtà continua, tra un susseguirsi di infezioni, di piaghe da decubito e da pronazione e di difficoltà di deglutizione e di movimento. Difficoltà cui, ancora una volta, il nostro Armido non reagisce mettendosi nella condizione di pensare “non so se ce la faccio”: anche se qualche volta la speranza vacilla, dopo l’ennesima infezione o dopo il passaggio dell’ennesimo letto coperto da un telo bianco, dopo mesi di lotta sarebbe stato assurdo arrendersi in quel momento. E così, piano piano, con l’aiuto di logopedista, fisioterapista e di tutta la famiglia che a casa fa il tifo per lui, riesce infine a risollevarsi e a migliorare.
Tra cronaca e sogni, un tributo sentito a medici e soccorritori
Respiro ancora a fatica, sento una mano sulla spalla, una voce che mi dice calmati, un flusso d’aria che mi entra nei polmoni. Respiro meglio, finalmente. Apro gli occhi e vedo una maschera, ma non è quella di Francesco, è uno schermo di plexiglass dietro cui due occhi chiari mi sorridono. Un angelo custode di nome Franci, scritto a pennarello sulla tuta azzurra.
Armido Cremaschi
L’idea di mettere per iscritto la sua esperienza è nata durante il ricovero ospedaliero, ma è stato solo quando ha riguardato le chat che Armido ha capito quanto narrassero bene l’evoluzione della storia e dimostrassero cosa può fare il sostegno famigliare.
Ai messaggi, che rappresentano la realtà, il fattore oggettivo, si alternano i cinque racconti che nascono da sensazioni e sogni rielaborati poi in un secondo momento. Il più significativo e dai tratti fantascientifici vede l’autore diventare il protagonista di un programma di clonazione.
Non capisco come mai sono finito qui, in questo posto che mi sembra un albergo di lusso, non un ospedale. Nessuno sembra far caso a me, medici e militari discutono animatamente su cosa fare. Afferro alcune parole di cui conosco il significato, una in particolare viene ripetuta spesso da un militare, mentre i medici sembrano dissentire: “clonazione”. Ma stanno scherzando? Che posto è questo? Sono pazzi?
Armido Cremaschi
Quello che Armido ha però voluto lanciare, scrivendo questo libro, è prima di tutto un messaggio di speranza ed un grazie ai numerosi medici che gli hanno salvato la vita e che per lui erano solo un paio d’occhi e un nome scritto con il pennarello sul camice.
Perché un’esperienza come quella raccontata in queste pagine può distruggerti oppure renderti più forte e soprattutto spingerti a voler dare di più. Uno stimolo a tornare in prima linea il prima possibile, perché fare il volontario significa dare ma soprattutto ricevere: perché vedere negli occhi di chi aiuti la riconoscenza è tutto ciò di cui hai bisogno. E questo Armido Cremaschi lo sa bene.
Titolo: Diario dal limbo Covid-19
Autore: Armido Cremaschi
Editore: Lamantica, 2021
Genere: Memoir
Pagine: 130
ISBN:
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