“Streghe bresciane”: la storia della stregheria a Brescia tra confessioni, persecuzioni e roghi nella nuova edizione del saggio di Maurizio Bernardelli Curuz

Letto e recensito da Francesca Cocchi per Brescia si legge

Tra il XV e il XVI secolo, nei territori bresciani dal Mella al Tonale si sviluppò uno dei principali epicentri di stregheria di tutta Europa. In contrasto con l’autorità della laica e tollerante Serenissima Repubblica di Venezia, gli inquisitori intentarono numerosi processi contro streghe, stregoni, eretici e parroci peccaminosi che, posti di fronte alla sbarra, spesso confessavano spontaneamente i loro incontri con il demonio. Almeno, secondo quanto si legge negli atti giudiziari.

Nel tentativo di comprendere questo fenomeno, inquadrandolo nel contesto bresciano, Maurizio Bernardelli Curuz, studioso di iconografia e iconologia, ha indagato i meccanismi semantici e linguistici utilizzati dagli accusatori nei processi per distorcere la realtà e, di conseguenza, la verità giudiziaria. I risultati delle sue ricerche sono confluiti nel saggio “Streghe bresciane. Confessioni, persecuzioni e roghi fra il XV e il XVI secolo”, edito nel 1988 da Editrice Ermione e ripubblicato nel settembre 2023 da Fen Edizioni.

In questa nuova edizione, curata dallo studioso di filosofia della religione Glauco Giuliano, il saggio si arricchisce di un corposo apparato di note integrative e di una postfazione che offre interessanti chiavi di lettura per «inquadrare le riflessioni che dalla lettura possono scaturire».

Benvegnuda Pincinella: strega guaritrice di Nave

Senza scope magiche e gatti diabolici, con il contatto di un ruvido saio sulla pelle, Benvegnuda Pincinella giunge in piazza Loggia a Brescia, fra un doppio cordone di birri. Zulian, suo diavolo custode, agile e fottutissimo rosso malpelo, l’ha definitivamente abbandonata. La pila di legna è stata preparata ai piedi della colonna, dove è appollaiato il leone di San Marco.

M. Bernardelli Curuz, “Streghe bresciane. Confessioni, persecuzioni e roghi fra il XV e il XVI secolo”, p. 15

La ricerca condotta da Bernardelli Curuz prende avvio da un processo dimostrativo intentato contro Benvegnuda Pincinella, una stravagante donna originaria di Nave che nel 1509 era stata condannata a indossare l’abito infamante per la sua attività di guaritrice. Pincinella, che aveva continuato a «far la medica» e a violare l’imposizione del domicilio coatto, fu nuovamente arrestata nel 1518 dall’inquisitore Pietro Albanese sulla base delle testimonianze delle persone che la presunta strega aveva guarito. In carcere, sotto minacce di torture, Pincinella aveva raccontato di aver partecipato, ogni giovedì sera, a delle feste in compagnia di Zulian, il diavolo che da tredici anni stava nascosto nella sua gamba. Rea confessa e già sessantenne, fu arsa viva in piazza Loggia.

La storia di Benvegnuda Pincinella, oggi ricordata a Nave da una targa commemorativa, risulta esemplare in quanto evidenzia il labile confine tra religiosità popolare e stregheria. Bernardelli Curuz sottolinea, infatti, che Giuliano (Zulian) era il nome del santo ospedaliero protettore dei guaritori e che le dinamiche del sabba ricordano quelle delle licenziose feste popolari ampiamente diffuse nei territori bresciani, ma demonizzate da parte della Chiesa.

L’attività inquisitoria in una provincia religiosamente riottosa

Brescia, anche se successivamente maturerà un cristianesimo radicato e profondo – forse proprio per la martellante azione inquisitoria di cui fu oggetto per le predicazioni e l’azione catechistica svolta dal suo clero –, è originariamente una provincia religiosamente riottosa e infetta.

M. Bernardelli Curuz, “Streghe bresciane. Confessioni, persecuzioni e roghi fra il XV e il XVI secolo”, p. 38

I primi processi contro streghe ed eretici si attestano nel bresciano alla fine del XV secolo, quando l’instabilità e le insicurezze causate dal declino della Chiesa e dalla Riforma luterana aprirono la strada alle pratiche inquisitorie condotte dai domenicani. Uno dei maggiori cacciatori di streghe nel bresciano fu Antonio Petoselli, Provinciale di Lombardia dell’Ordine dei Predicatori, protagonista di numerose condanne in Vallecamonica e dei contrasti tra il Tribunale dell’Inquisizione e la Repubblica di Venezia.

La prima vittima di Petoselli fu, nel 1480, Maria la Medica, una donna di origini vicentine da anni residente a Calcinato che esercitava la pratica di guaritrice. Durante il processo avvenuto in una piazza di Brescia, prima di essere segregata a vita nel carcere-torre della Pallata, Maria aveva confessato di adorare il diavolo e di averlo spesso chiamato in suo aiuto per curare i malati.

Sostenuto dalla bolla papale contro le streghe del 1484, Petoselli si era spinto anche in Vallecamonica, «la regione ribelle, dove nei boschi, ai quadrivi e nelle radure si riuniscono “a foter e balar” uomini, donne, diavoli e diavolesse». Qui aveva continuato la sua ricerca inquisitoria contro streghe e stregoni, scavalcando il potere episcopale e quello della Serenissima che infine era intervenuta per interrompere la sua attività.

Streghe bresciane e riti pagani

In Vallecamonica, le persecuzioni tornano a intensificarsi agli inizi del XVI secolo e le repressioni contro le streghe culminarono il 23 giugno 1518, quando sulla pubblica piazza di Pisogne furono arse vive otto persone. Questo rogo suscitò nuove preoccupazioni da parte della Repubblica di Venezia che fermò l’esecuzione capitale di quaranta condannati e impose la destituzione degli inquisitori. Negli anni successivi, l’attenzione della Chiesa si spostò sui protestanti e nel 1551, il Concordato in materia di inquisizione trasferì gradualmente istruttorie e giudizi dal foro ecclesiastico a quello civile, come testimonia l’ultimo processo per stregoneria intentato nel 1593 contro Cornelia Quintiliana, accusata di aver commesso azioni maligne contro la comunità di Salò e per questo condannata al carcere a vita.

In “Streghe bresciane. Confessioni, persecuzioni e roghi fra il XV e il XVI secolo”, Bernardelli Curuz non si limita a ripercorrere l’evoluzione della stregheria, ma analizza anche il legame tra questo fenomeno e le consuetudini pagane ampiamente diffuse nella società agro-pastorale bresciana, soprattutto nelle zone montane. Dai racconti e dalle testimonianze dell’epoca, la stregheria sembra, infatti, collegarsi ad antichi riti classici sopravvissuti nelle zone più remote, come la saxorum veneratio, la venerazione delle pietre tanto osteggiata dalla Chiesa quanto diffusa in una Vallecamonica ricca di incisioni rupestri.

Le accuse di stregheria, conclude Bernardelli Curuz non sarebbero quindi un’esclusiva invenzione degli inquisitori, ma avrebbero origine da elementi della realtà ritenuti oscuri che crearono «attraverso un gioco di distorsioni a catena, l’immagine di una società dedita al demonio».

Le novità metodologiche introdotte da Bernardelli Curuz

Come sottolineato anche da Glauco Giuliano nella prefazione della nuova edizione, il saggio “Streghe bresciane” ha apportato due importanti innovazioni metodologiche nel campo della ricerca sulla stregheria. Bernardelli Curuz ha, infatti, applicato alle storie delle streghe un paradigma indiziario e ha cercato di mettere in relazione gli elementi allucinatori e fantastici emersi nelle confessioni processuali con lo sciamanesimo e i viaggi dell’anima.

In questo modo, inviata il lettore a «“prendere sul serio” […] con l’occhio dello storico e del fenomenologo, piuttosto che dell’arbitro, le confessioni delle streghe […] di volta in volta valutandone l’attendibilità condizionata dalle prassi processuali dell’epoca».


Streghe bresciane. Confessioni, persecuzioni e roghi fra il XV e il XVI secolo

Titolo: Streghe bresciane. Confessioni, persecuzioni e roghi fra il XV e il XVI secolo
Autore: Maurizio Bernardelli Curuz
Editore: Fen Edizioni, 2023

Genere: Saggio
Pagine: 195
ISBN: 9788894645934

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Francesca Cocchi

Nata nel 1996, è cresciuta in Valle Camonica e ha studiato tra Padova e il Belgio. Dopo la laurea magistrale in lettere classiche, si stabilisce a Brescia dove lavora come copywriter per il marketing. Filologa di formazione, predilige da sempre i grandi classici, ma non si lascia intimorire dagli autori contemporanei. Di carattere introverso, si trova a suo agio in viaggio, tra i libri e al tavolo di un buon ristorante.

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