Storia dell’hip hop a Brescia dal 1995 ad oggi: perché “periferia” è una condizione dello spirito

Il primo graffito hip hop della storia di Brescia si trova alla base del cavalcavia Kennedy ed è stato fatto, nel 1986, da FastFeet insieme a Emil, Gorex e Ame

Recensione di Andrea Franzoni per www.BresciaSiLegge.it

I principi di origine della cultura [hip hop] si differenziano in ogni città perché sono fortemente influenzati da aspetti culturali e sociali oppure dai luoghi, come negozi di dischi [o locali]. Oggi conosciamo bene come è nato e si è sviluppato questo fenomeno nelle principali città italiane come Bologna, Milano e Roma, grazie a testimonianze dirette degli artisti divulgate nel corso degli anni tramite interviste e documentari. L’intento di questo libro è quello di raccontare invece le origini dell’hip hop in una città di provincia qual è Brescia dove, rispetto alle grandi metropoli, era più difficile imbattersi in nuove realtà musicali.

‘Das BS with real love. Appunti per una storia dell’hip hop bresciano’, di Simone Nasti

Una cultura nata oltre-oceano negli anni ’70, tra i gruppi di giovani afro-americani cresciuti ai margini delle grandi metropoli americane, e quindi giunta (dopo quasi venti anni e mille peripezie) anche a Brescia per esprimere i bisogni e le emozioni più vere e vive di molti giovani locali.

“Das BS with real Hip Hop. Appunti per una storia dell’Hip Hop bresciano”, scritto da Simone Nasti (Associazione Made in Brescia, 2020), è il primo tentativo compiuto di scrivere – a partire dalle testimonianze e dagli archivi personali dei pionieri del movimento – una storia dell’introduzione e dello sviluppo della cultura Hip Hop a Brescia. Non solo un’opera nostalgica di rievocazione delle origini, ma anche un libro che racconta come spesso proprio ciò che appare distante possa rivelarsi l’innesco giusto che ci permette di conoscere ed esprimere noi stessi.

Perché se è vero che le periferie delle grandi metropoli americane sono altro rispetto a Brescia, che in sé è una periferia dei grandi centri propulsori della cultura globale, è anche vero che la “periferia” è anche una condizione dello spirito cui tutti noi, prima o poi, ci siamo sentiti di certo confinati.

Gli albori del movimento: i primi b-boy bresciani

Scritto dal classe 2000 Simone Nasti, che gli albori della cultura Hip Hop non li ha – per motivi anagrafici – potuti nemmeno intravedere, “Das BS with Real Hip Hop” è prima di tutto un viaggio nel tempo che riporta il lettore – grazie alle decine di testimonianze raccolte ed alle riproduzioni di volantini, playlist, graffiti – ai primi anni ’90, quando la cultura Hip Hop si è palesata per la prima volta sul suolo bresciano.

Una storia che inizia, nel racconto del libro, con Hakeem (la storia dell’hip hop, come quella di molte comunità, è anche una storia di pseudonimi e di slang): un liceale bresciano che è tra i primi – negli anni ’80 – ad appassionarsi alla black music e quindi al rap, e che comincia a sviluppare il suo gusto grazie ai consigli del commesso di un negozio di musica prima di “scoprire” la scena milanese all’epoca già più sviluppata.

Grazie ai suggerimenti di quel commesso, Hakeem scopre artisti come Rick James, compra album come Off The Wall di Michael Jackson e la stampa italiana in musicassetta di Step Off di Grandmaster Melle Mel & The Furious Five, un album che, grazie alle sue sonorità e allo stile di canto “parlato”, cattura la sua attenzione come niente prima di allora. Allo stesso tempo, essendo anche appassionato di pallacanestro, Hakeem si reca sporadicamente a Milano alla ricerca di abbigliamento sportivo da sfoggiare al campetto. In una di queste trasferte entra inconsapevolmente in contatto con una realtà hip hop milanese affermata da tempo: i b-boy del Muretto. Passeggiando per il centro e imbattendosi in quei ragazzi che giravano sulla schiena come nel film Flashdance, rimane dapprima come ipnotizzato, poi si avvicina per chiedere informazioni sul genere di musica che esce ad alto volume dal loro radioregistratore a cassette, un vero e proprio ghettoblaster. Visto tale entusiasmo, i b-boy del Muretto gli regalano la copia di una delle musicassette che usano come accompagnamento per ballare. Hakeem ascolta e riascolta questa cassetta, riavvolgendola fino alla distruzione, nell’intento di capire da dove venga quel suono “alieno” che accompagna a tempo la maggior parte dei brani. Il mistero lo svela circa un anno dopo, guardando il video di “Walk This Way” dei Run DMC. Hakeem si rende conto che il suono che tanto lo incuriosisce è quello che Jam Master Jay produce “graffiando” i dischi nella parte iniziale del brano: è il famigerato “scratch”. Ispirato dal DJ dei Run DMC e dall’ascolto compulsivo di Paid In Full di Eric B. & Rakim, Hakeem decide di imparare l’arte dello scratch e, con i soldi messi da parte grazie a un lavoro stagionale come cameriere in pizzeria, acquista un mixer e un paio di giradischi.

‘Das BS with real love. Appunti per una storia dell’hip hop bresciano’, di Simone Nasti

L’aggregazione prima di tutto: quanti sono i bresciani interessati all’hip hop?”

In un’epoca pre-digitale, la storia procede inizialmente un passo alla volta, per progressive aggregazioni di sconosciuti che si riconoscono immediatamente come parte di un’unica comunità di spirito e che segnano la loro appartenenza a questa comunità grazie ai capi d’abbigliamento e ad elementi di stile che li rendono riconoscibili agli altri, facilitando ulteriori aggregazioni.

La passione per il basket contribuisce ad allargare il giro di amici appassionati di hip hop. A Mompiano, sul campetto di basket di Via Valotti, Hakeem conosce i cugini Dian e Morgan. Quest’ultimo, che trascorre spesso le vacanze negli Stati Uniti, ascolta artisti al tempo ancora sconosciuti in Italia. Grazie a un intenso scambio di musicassette, Hakeem conosce gruppi come i Brand Nubian di Grand Puba e tanti altri. Verso il 1990, finito il liceo, Hakeem continua a fare il DJ suonando solo hip hop e iniziando a creare i suoi primi beat con un campionatore molto essenziale, quasi un giocattolo. In contemporanea con l’uscita dei primi dischi rap in italiano, Hakeem e Vorce iniziano a domandarsi se non sia possibile creare anche a Brescia una scena concreta nell’ambito della cultura hip hop, sulla falsa riga di quello che sta accadendo in altre città italiane. Quante persone sono interessate all’hip hop a Brescia? Hakeem e Vorce si pongono questa domanda, anche perché hanno visto più volte in centro due individui con i giubbotti dei Run DMC e del film Beat Street: ci sono dunque altri appassionati di hip hop e rap. Decidono quindi di creare un volantino per entrare in contatto con altri appassionati delle quattro discipline che costituiscono l’hip hop: rap, djing, breakdance e writing. Dopo aver creato e stampato artigianalmente un centinaio di copie, Vorce e Hakeem distribuiscono il volantino intitolato “È il nostro momento” a una serata della festa di Radio Onda D’Urto. Siamo nei primi anni Novanta.

‘Das BS with real love. Appunti per una storia dell’hip hop bresciano’, di Simone Nasti

Una copia del volantino incriminato è uno dei documenti più preziosi tra quelli contenuti in questo libro: un volantino che ha – tra l’altro – un contenuto che anticipa un mondo nuovo e che colpisce per l’attualità, parlando di “nuova consapevolezza interrazziale” ma anche della volontà di allineare Brescia a quelle che sono le tendenze già manifeste nelle più dinamiche città del nostro paese.

La nascita della scena bresciana a cavallo tra gli anni ’90 e i primi 2000

La scena bresciana si sviluppa nei primi anni ’90, soprattutto sui gradini di Piazza Vittoria (un luogo – nell’epoca pre-metropolitana – centrale ma laterale allo stesso tempo) dove i ragazzi si incontrano riunendosi attorno alle grandi radio portatili a batterie e sperimentando le diverse “discipline” che rientrano nell’ambito della cultura hip hop.

Il movimento cresce numericamente aggregando sempre più giovani in città, ma coltiva anche i rapporti con le scene presenti nelle altre città italiane come Verona e Milano. I giovani b-boy bresciani, negli anni ’90, frequentando i locali del nord Italia – come il Palladium di Torri di Quartesolo, Vicenza – in cui si svolgono i concerti e le jam aperte ai rapper locali, e partecipano alla distribuzione delle prime fanzine dedicate al genere.

Sempre in quegli anni nascono a Brescia anche le prime crew, come la CAM (Confraternita Artisti Metropolitani), e le prime registrazioni autoprodotte (la demo Criminale del 1992, presentata a Radio Onda d’Urto, è prodotta da Hakeem con testi e voce di Kidd). L’hip hop, per quanto ancora largamente minoritario e bistrattato, trova spazio anche in alcune feste scolastiche, al Golgi si organizza un corso extra-scolastico (con fondi europei) dedicato alla divulgazione della cultura hip hop. Sempre a Brescia si tengono (a fine anni ’90) anche le prime jam, eventi in cui le diverse discipline della cultura hip hop (Rap, DJ-ing, Writing e Breakdance) si mescolano.

E tra gli artisti che calcano i primi passi in questa nascente scena bresciana, compaiono anche quelli che sono oggi noti artisti di fama nazionale: Frah Quintale, Fausto Lama (Coma Cose), Dellino Farmer (tra i primi ad approcciarsi al rap utilizzando il dialetto), seguiti da generazioni di artisti che raccontano – con i loro testi e con le loro storie – l’evoluzione anche demografica della nostra città.

Popolarità e declino

Secondo l’autore, gli anni più recenti segnano contemporaneamente il declino della scena hip hop così com’era nata inizialmente, con la sua capacità aggregativa e la vena creativa e pionieristica, ma anche il successo di massa del genere musicale hip hop divenuto ormai mainstream ed onnipresente.

L’hip hop, negli anni recenti, ottiene quindi un successo enorme e diventa sempre più professionale, trasformando gli appassionati del genere da protagonisti e creatori a semplici fruitori. Da cittadini a consumatori.

Intorno al 2010 sempre meno persone si ritrovano in Piazza Vittoria. I motivi sono diversi: molti lavorano, altri cominciano a studiare all’università, spesso fuori sede. Contemporaneamente anche il fenomeno delle jam inizia ad affievolirsi. Si assiste a una progressiva specializzazione degli eventi: chi frequenta le jam s’interessa solo della disciplina di sua competenza. Questo implica una riduzione drastica del numero di partecipanti: chi canta, dopo qualche minuto, si trova davanti platee mezze vuote, dove rimangono soltanto gli amici più fedeli. Anche gli spazi dedicati ai breaker e ai writer non si sviluppano in maniera ottimale, poiché non ci sono le risorse materiali per curare ogni disciplina a sé stante. Nonostante il declino, l’interesse resta vivo. L’attenzione si sposta sulle discoteche in cui viene riprodotta musica rap, per esempio le serate REHAB organizzate dai Looney Goons. Tuttavia, così si perde il ruolo attivo e produttivo della piazza: da creatori, gli appassionati diventano semplici fruitori.

‘Das BS with real love. Appunti per una storia dell’hip hop bresciano’, di Simone Nasti

Sotto le ceneri del “mainstream”, tuttavia, la scena Hip Hop locale rimane viva e prolifica continuando a sfornare talenti conosciuti nel giro o anche in grado di superare le frontiere, come nel caso di Tommy Kuti. Una vitalità che è dimostrata anche dal lavoro svolto dell’associazione Made in Brescia, dedicata alla promozione del rap prodotto nella nostra provincia, che ha curato la pubblicazione di questo libro allegato ad una compilation che vede il coinvolgimento di una trentina locali.

Made in Brescia

Il libro di Simone Nasti contiene 160 pagine ricche di storie, di profili biografici di singoli artisti, di copertine di dischi e di aneddoti che coprono la storia dell’hip hop bresciano fino ad oggi.

Una carrellata di storie che probabilmente emozioneranno chi quel movimento l’ha anche solo lambito, ma che più in generale documentano la nascita e la crescita di uno degli ultimi movimenti che si sono affermati prima dell’avvento del digitale, per poi sfruttarne appieno la potenza perdendo però – in parte – la sua anima più innocente e genuina. Un movimento visibile ma allo stesso tempo spesso “oscuro” per chi non ne faccia parte, che questo libro permette di riscoprire e di apprezzare.

Prodotto dall’associazione Made in Brescia, che da dieci anni è attiva nella valorizzazione della produzione hip hop bresciana e nella riscoperta degli albori del movimento, il libro “Das BS with Real Hip Hop” non è purtroppo al momento distribuito sui canali tradizionali ma può essere acquistato – anche in abbinamento alle tante compilation edite da Made in Brescia – sul sito web dell’associazione.


Titolo: “Das BS with real hip hop. Appunti per una storia dell’hip hop bresciano”
Autore: Simone Nasti
EditoreAssociazione Culturale Made in Brescia, 2020

Genere: Storico
Pagine: 160

Andrea Franzoni

Nato negli anni ’80, vive in equilibrio tra Brescia e Milano. Sociologo di formazione ed attivista per necessità, lavora in una multinazionale del marketing e della comunicazione continuando a coltivare parallelamente la sua passione per le storie ed il desiderio velleitario di contribuire a rendere la città natale un po' più aperta e consapevole. Prima di fondare "Brescia si legge", ha pubblicato un romanzo distopico (Educazione Padana, 2018) e una raccolta di racconti ('I forestieri e l'anima della città. Storie di migranti a Brescia nella seconda metà dell'800', 2019).

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