Istruzioni per un festival culturale di successo. Intervista a Daniela Mena (MicroEditoria di Chiari)

Intervista a cura di Andrea Franzoni per www.BresciaSiLegge.it

Daniela Mena, laureata in Beni Culturali e già docente di Storia dell’Editoria all’Accademia Santa Giulia di Brescia, è fin dalla sua fondazione animatrice e direttrice artistica della rassegna MicroEditoria di Chiari, una delle più importanti fiere italiane dedicate all’editoria piccola ed indipendente.

Nata nel 2003 per dare visibilità ai piccoli editori, la rassegna della MicroEditoria ospitata a Villa Mazzotti è una delle risorse che hanno permesso a Chiari di essere addirittura nominata dal ministro Dario Franceschini “Capitale italiana del libro” per il 2020. Un riconoscimento inatteso ma prezioso, che premia la tenacia di chi – partendo da un contesto fertile ma anche difficile come quello della provincia bresciana – è riuscito a creare un evento longevo trasformandolo in un modello oggi riconosciuto anche a livello ministeriale.

Alla vigilia dell’edizione 2020 della rassegna (dal 13 al 15 Novembre 2020), edizione mutilata dal Covid e che per questo si terrà interamente online (qui tutte le informazioni!), Brescia si legge ha intervistato Daniela Mena per ricostruire con lei i motivi alla base del successo di questa rassegna nata in provincia e divenuta un caso a livello nazionale nella speranza che l’esempio della MicroEditoria possa essere d’ispirazione per molte altre iniziative nella nostra provincia e non solo.


BSL – La rassegna MicroEditoria, nata nel 2003 a Chiari, è una delle più longeve fiere del settore. Nata in provincia, ed in particolare in una provincia “marginale” dal punto di vista culturale come la nostra, la rassegna di Chiari è stata capace di durare nel tempo e di affermarsi a livello nazionale.

Com’è nata la rassegna della MicroEditoria di Chiari, e come è riuscita a diventare una realtà così longeva e rilevante?

Daniela Mena – C’è un elemento che non traspare molto, ma che secondo me è determinante non solo per spiegare il motivo per cui la rassegna è nata a Chiari occupandosi di MicroEditoria: il fatto che questa fiera sia nata per volontà di un piccolo editore.

Questo piccolo editore originario di Chiari, che aveva già partecipato ad una rassegna organizzata ad Orzinuovi che era durata 3 o 4 anni, si era – tra le altre cose – battuto per difendere Villa Mazzotti da un vecchio progetto che prevedeva di trasformarla in un residence. E così, quando finalmente l’amministrazione comunale di Chiari gli concesse la possibilità di utilizzare Villa Mazzotti per organizzare un’iniziativa culturale, pensò – insieme all’Associazione L’Impronta – di organizzarci una fiera dedicata ai piccoli editori come lui ed affidò alla figlia all’epoca da poco uscita dall’università, che sono io, l’organizzazione della prima edizione.

La fiera nasce quindi nel 2003 per volontà di un piccolo editore, Angelo Mena, originario di Chiari e fondatore della GAM Editrice con sede ancor oggi a Rudiano. Ed il fatto di avere alle spalle un editore stabile, oltre ad un’associazione di volontari (l’associazione culturale L’Impronta) capace di durare e di rinnovarsi, ha permesso di dare continuità e struttura ad un evento complesso che richiede per la sua organizzazione molto tempo e molto lavoro. Un impegno significativo, anche diurno, che non si riesce a gestire nei soli ritagli di tempo e che quindi difficilmente un volontario da solo può assicurare. Questo è solo uno degli aspetti, certo, ma credo sia stato determinante.

BSL – Quali sono, secondo la tua esperienza, gli altri ingredienti che contribuiscono quindi a spiegare il successo della rassegna della MicroEditoria di Chiari?

Daniela Mena – Un ingrediente non trascurabile è stato il riuscire a trovare volontari, spesso giovani, fondamentali per lo svolgimento di un evento che man mano è diventato sempre più articolato.

Lo stesso si può dire per le reti: reti che si sono costruite sul territorio, anche grazie al supporto costante delle amministrazioni comunali che si sono succedute ed alla collaborazione con la Biblioteca di Chiari e con il Sistema Bibliotecario, ma anche reti costruite a livello nazionale. E’ stato ad esempio fondamentale l’aver ricevuto l’adesione della federazione degli editori indipendenti e dei piccoli editori, che al tempo si chiamava FIDARE, già dalla prima edizione.

E poi, ovviamente, i piccoli editori e cioè l’elemento imprescindibile, il focus su cui concentriamo le nostre energie e la risorsa principale della MicroEditoria. L’essenza di questa fiera è far conoscere libri che normalmente non sono comunicati dai mass media nazionali e che quindi è difficile scoprire. I piccoli editori lavorano sullo scouting, sul trovare nuove voci, sullo sperimentarle e sul farle crescere (magari poi passandole ai grandi editori, dove tutti giustamente sperano di arrivare). Ma anche sulle nicchie tematiche, un settore in grande crescita, e sul rapporto molto forte con il territorio dovuto sia al fatto che i libri prodotti da questi editori spesso parlano o fanno tesoro della storia e delle esperienze del territorio, o perché comunque questi piccoli editori per vivere hanno bisogno di creare relazioni nel loro spazio. La rassegna nasce per valorizzare tutto questo patrimonio, e continua a fare il possibile per riuscirci.

Poi c’è Chiari, che è sempre stato un territorio vivace anche dal punto di vista culturale. Basti pensare alla Biblioteca Morcelli, una delle prime biblioteche pubbliche della provincia fondata dal 1817 grazie al lascito del prevosto Stefano Antonio Morcelli, al Ginnasio attivo a Chiari fino agli anni ’50, alla Pinacoteca Repossi con annessa scuola di disegno (istituzioni confluite oggi nella Fondazione Fondazione Biblioteca Morcelli – Pinacoteca Repossi). Ed oltre ad uno storico dinamismo culturale, Chiari ha il vantaggio di trovarsi in una buona posizione logistica, sulla linea Milano-Venezia, fattore che facilita l’affluenza di visitatori, espositori ed ospiti.

Un’altra delle chiavi della longevità di questa iniziativa è infine la volontà di non fermarsi, di cercare sempre di rinnovare la formula. Quando siamo partiti noi, fiere di questo tipo non erano ancora molto diffuse: c’erano solo la Fiera del libro di Pavia al Castello di Belgioioso (che poi ha chiuso) e poche altre. “Più libri più liberi”, a Roma, è cominciata lo stesso anno, ma certo in una dimensione ben diversa! Se noi “piccoli” siamo riusciti a resistere probabilmente è perché si è sempre cercato di innovare, di puntare sul programma e di invitare ospiti “illustri” (tra gli ospiti della prima edizione, per fare un esempio, ci furono Corrado Augias e Alda Merini – NdR) che magari avevano a loro tempo cominciato con piccoli editori e che anche per questo rimanevano disponibili ad aiutarci a dare rilievo all’evento. E poi laboratori, come quelli sui mestieri del libro, o la sezione “cultura digitale” che va a indagare le nuove di forme e il rapporto con la tecnologia.

BSL – Poche settimane fa il ministro della Cultura Dario Franceschini ha nominato Chiari “Capitale italiana del libro” per il 2020. Cosa rappresenta per voi della MicroEditoria, realtà che sicuramente ha favorito questa nomina, questo riconoscimento?

Daniela Mena – Il riconoscimento giunto dal Ministero per i Beni Culturali, del tutto inaspettato, ci ha caricato di un ulteriore senso di responsabilità e di consapevolezza rispetto a ciò che possiamo fare e dare ancora. Sicuramente non è stato facile arrivare fino qui, e non parlo solo della fatica dovuta alle risorse limitate, ma anche al fatto di non avere sostenitori e referenti forti: penso in particolare a editori, agli scrittori di rilevanza nazionale, ai media e a tutti quegli appoggi e a quella risonanza che il fatto di essere a Chiari non ci permette di avere. Il riconoscimento di Chiari come “Capitale italiana della lettura”, cui la Fiera ha contribuito, è quindi sicuramente un riconoscimento per il fatto di aver resistito, di essere andati avanti nonostante le difficoltà. Un riconoscimento che anche per questo vale doppio: non era affatto scontato che venisse premiata una realtà che non è inserita in un grande contesto. Una grande soddisfazione, quindi, anche perché inattesa.

Giorni fa parlavo di questa cosa con un amico, e lui mi ha detto: “se un riconoscimento del genere fosse andato ad esempio in provincia di Firenze, l’assegnazione del titolo di Capitale Italiana della lettura avrebbe meritato intere pagine sui giornali nazionali”. Ed invece, al di fuori dei confini provinciali, questa notizia non è praticamente stata data.

Il piccolo fa sempre fatica a emergere, ed anche per questo va dato merito al ministro Franceschini: la nomina di Chiari a capitale della lettura è stata una scommessa ed è un segnale importante. Certo, è stato sicuramente un riconoscimento anche per tutto quello che il Covid ha fatto a Brescia, ma è stato anche riconoscere il merito di un lavoro fatto in una realtà piccola.

Voler accendere un faro su una realtà piccola è molto prezioso perché la realtà piccola è un qualcosa che si può imitare, che può diventare un modello e uno stimolo per molte realtà simili che non fanno parte dei grandi circuiti, ma che hanno comunque una loro dignità, un loro valore, un loro potenziale. Proprio nei giorni scorsi, ad esempio, siamo stati contattati come Fiera della MicroEditoria da una realtà culturale di Nuoro che ci ha chiesto di poter trasmettere quello che faremo a Chiari, l’edizione 2020 della Fiera in digitale, a Nuoro. Senza rete e senza scambio già si va poco lontano nella vita, figuriamoci in campo culturale. E questi scambi, oltre che fondamentali, sono sempre estremamente gratificanti: non si tratta di scambi economici, funzionali, ma di qualcosa di più.

BSL – Brescia si legge nasce, nel suo piccolo, anche dalla consapevolezza delle difficoltà incontrate da chi si occupa di letteratura in una provincia come la nostra. La provincia di Brescia, infatti, è una provincia tra le più ricche e popolose d’Italia ma ha enormi difficoltà a rappresentarsi e ad affermarsi in ambito culturale: basti pensare alla scarsità di autori riconosciuti a livello nazionale cui la nostra provincia ha dato i natali. Dal suo osservatorio di esperta di editoria e di animatrice culturale, come giudica Daniela Mena il tessuto culturale bresciano?

Daniela Mena – Mi sembra che il tessuto culturale bresciano stia crescendo, nonostante le difficoltà e la vocazione diversa della nostra provincia. A volte non ci pensiamo nemmeno, ma di iniziative culturali a Brescia ce ne sono e ce ne sono sempre state: ce n’erano in passato, e se ne sono avvicendate tante anche negli ultimi anni. Penso ad esempio, in ambito editoriale, a case editrici come La Scuola e Morcelliana, nate a Brescia, che nel Novecento hanno fatto la storia dell’editoria in Italia. Anche guardando al passato recente, quindi, sembrerebbe che a Brescia non manchi nulla per poter diventare anche un punto di riferimento in ambito culturale. E questo senza andare indietro al tempo degli incunaboli, quando Brescia stampava più libri di una città sede universitaria come Padova… anche quella sarebbe una bella storia, da raccontare.

Poi certo: siamo tutti consapevoli che la nostra provincia ha sicuramente vocazioni diverse, che le realtà bresciane sono più concentrate su altre dimensioni e che quindi quella culturale è considerata un po’ meno. Questo può spiegare la penuria di scrittori bresciani noti a livello nazionale, come facevi notare, anche se va detto che negli ultimi anni qualche scrittore in più che riesce a varcare i confini provinciali c’è, e lo stesso vale per le iniziative culturali che mi pare siano sempre più numerose. Guardandomi attorno penso ad esempio a esperienze come “Rinascimento Culturale”, “Oltre il confine” in Val Camonica, “Filosofi Lungo L’Oglio”… di esperienze legate alla cultura ed al mondo dei libri cominciano ad essercene di più, e questo è un ottimo segno.

E lo stesso si può dire per gli scrittori bresciani che superano i nostri confini: penso ad esempio ad Alberto Albertini, recentemente premiato a Viareggio, a Massimo Tedeschi passato a La Nave di Teseo, a Nadia Busato che è stata tradotta in Francia, a Marco Archetti, a Francesco Savio pubblicato da Mondadori, a Francesco Permunian e ad altri.

NdR: tutti autori che potete cominciare a scoprire anche navigando nel nostro sito!

Per maggiori informazioni riguardo la rassegna della MicroEditoria: https://www.microeditoria.it/

Andrea Franzoni

Nato negli anni ’80, vive in equilibrio tra Brescia e Milano. Sociologo di formazione ed attivista per necessità, lavora in una multinazionale del marketing e della comunicazione continuando a coltivare parallelamente la sua passione per le storie ed il desiderio velleitario di contribuire a rendere la città natale un po' più aperta e consapevole. Prima di fondare "Brescia si legge", ha pubblicato un romanzo distopico (Educazione Padana, 2018) e una raccolta di racconti ('I forestieri e l'anima della città. Storie di migranti a Brescia nella seconda metà dell'800', 2019).

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