Svegliarsi da un lungo sonno senza essere la bella addormentata. L’esordio di Alessandra Albertini scuote alle fondamenta l’infelicità femminile

Recensione di Federica Zaccaria per Brescia si legge

Anna non lo sapeva, ma stava dormendo. Un sonno strano, perché in realtà respirava, lavorava, si occupava di suo figlio e ogni mattina apriva gli occhi accanto a suo marito. Un giorno, però, Anna si sveglia e si accorge che quella che aveva sempre pensato essere una vita ordinata, agiata, serena, non era altro che un’esistenza piena di crepe. Merito del bacio del principe azzurro? Niente affatto. Il brusco scossone è causato da un evento esterno potenzialmente devastante, la scoperta di una malattia che mette in discussione tutto: le scelte fatte più per gli altri che per se stessa, una maternità vissuta con una determinazione forse ossessiva, i sensi di colpa verso un uomo da cui si è allontanata impercettibilmente, anno dopo anno, senza quasi accorgersene.

Con “Anna si è svegliata”, il suo primo romanzo (Elliot edizioni, 2022 – acquista qui), Alessandra Albertini mette in scena con toni asciutti, dolenti ma mai vittimistici, una donna insicura, spaesata, impaurita, abituata a farsi trascinare dagli eventi più che a dominarli, desiderosa di riaprirsi alla vita ma incapace di trovare una strada tutta sua per farlo.

In questi giorni stare in negozio è difficile. Quando servo i clienti, mi sembra che la gente puzzi di più. Non solo i piedi, ma anche le mani. Penso a chi di loro potrebbe covare una malattia e ancora non lo sa. Chi avrebbe voglia di cambiare vita, chi è felice, chi vorrebbe scappare dall’altra parte del mondo. Mi piacerebbe che i clienti mi raccontassero le loro storie, vorrei diventare il loro confessore. Ho voglia di vita, di gente che compie azioni e che sogna. Vorrei prendere in prestito i corpi degli altri.

A. Albertini, Anna si è svegliata, p. 45

Ritrovare se stesse per imparare la libertà di scelta

Sgombriamo subito il campo dall’idea che ci si trovi davanti a un esempio di semplice letteratura rosa: certo l’amore (filiale, carnale, amicale) è parte integrante della storia e i rimandi alla sfera emotiva (ma anche erotica) della protagonista abbondano. A mancare sono però le tipiche note sdolcinate che caratterizzano il genere, così come l’idea che la salvezza dell’”eroina” dipenda dall’intervento di un uomo. Il profondo bisogno di Anna non è quello di avere a tutti i costi una relazione, quanto piuttosto di trovare una sua dimensione esistenziale nella quale poter finalmente essere libera di scegliere. Solo da lì, da un rapporto più benevolo e meno severo con la Anna ritrovata, potrà ripartire per aprirsi alla speranza di un futuro più appagante. Non per niente in tal senso il finale è aperto, il lettore non ha certezza di quelle che saranno le scelte future, se il rapporto con il marito potrà essere sanato o se avrà la meglio un amore nuovo. E poco importa, in fondo, perché la vera svolta, più che la destinazione, è il viaggio che Anna ha finalmente intrapreso.

Altrettanto sbagliato sarebbe ridurre il romanzo a una storia femminista, nell’obsoleta e odiosa accezione di “antagonismo uomo-donna”. In merito alla crisi matrimoniale di cui Anna prende pienamente coscienza in seguito al suo risveglio, ad esempio, l’autrice si guarda bene dall’assolvere la protagonista da qualsiasi colpa, mettendola invece davanti a responsabilità di cui non si era mai curata prima.

Dentro di me cresceva ogni giorno un solo pensiero: partorire, crescere un bambino che fosse mio, nato e nutrito dalla mia pancia. Derubavo la vitalità a Marcello e la trasferivo al mio ventre (…..), lui ogni sera tornava più sciupato, ma io mi voltavo dall’altra parte, continuavo nel mio ruolo di brava mogliettina, cucinavo, m i profumavo il corpo e i capelli, ma non lo guardavo più, fingevo di non vedere che, come Dracula, gli stavo succhiando il sangue, mentre io diventavo sempre più forte, sempre più bella. Come due vasi comunicanti, tutto quello di cui aveva goduto Marcello fino a quel momento, si stava trasferendo in me.

A. Albertini, Anna si è svegliata, p. 98

Una fitta girandola di personaggi e un originale omaggio a Brescia

Anna e il suo adorato bambino, Pietro, desiderato con cieca determinazione oltre ogni limite imposto dalla natura. Anna e il marito, Marcello, un tempo molto amato e oggi incapace di capirla, toccarla, perdonarla. Anna e Simona, la sorella ribelle e coraggiosa a cui è legata da una sconfinata ammirazione, sempre presente e complice. Anna e Sara, l’amica più cara, quella capace di offrirle un conforto concreto, ma mai complice nella sua tendenza all’autocommiserazione e al pessimismo. Anna e Dario, forse un nuovo amore, una di quelle sorprese che la vita ti fa nei momenti più strani, quando meno te lo aspetti.

La rete di relazioni della protagonista, nella quale non trova posto un vero e proprio antagonista ostile e malevolo, è fondamentale per capire l’evoluzione del personaggio, per affezionarsi a una donna fragile resa ancora più vulnerabile da una malattia che la sfianca nel fisico e nello spirito. Una crudele occasione per modificare finalmente la rotta, cambiare marcia, guardarsi senza vergogna allo specchio e rivendicare i propri desideri, prendere per mano le paure di una vita intera e trasformarle in opportunità. Il tutto senza affanno, con lucida serenità e uno stato d’animo che le permette di muoversi, per la prima volta, senza appoggiarsi a nessuno e in solitudine. Una solitudine che non è forzata assenza di relazioni, bensì consapevole segno di maturità.

Interessante poi l’escamotage adottato dall’autrice per parlare della sua città natale senza scadere nel banale: Anna vive a Mantova, ma deve trasferirsi per un periodo di cure presso una struttura ospedaliera bresciana. Settimane durante le quali avrà modo di apprezzare le bellezze storiche di Brescia e il fascino naturalistico di Montisola e del lago d’Iseo.

L’amore è una partita che si gioca in due

“Non sono fatta per il tennis” ripetevo spesso a Marcello nel letto, tornata da qualche partitella al circolo. Eravamo ancora liberi, senza Pietro. Eravamo ancora noi. […] Perché a Marcello, invece, il tennis piaceva così tanto? Perché si sentiva finalmente in un’arena degna della sua arroganza? Oppure era solo più bravo di me ad accettare le sfide e vincerle? Per me rimaneva uno sport così difficile, così elitario, che il solo pensarci mi gettava nello sconforto. […] Vivevo le sconfitte come rimproveri morali. “Non sei abbastanza forte, non sei abbastanza brava, non sei abbastanza coraggiosa”. Chiedevo a Marcello di non iscrivermi a tornei impegnativi, di considerarmi un’eterna dilettante.

A. Albertini, Anna si è svegliata, p. 87

I rimandi al gioco del tennis tornano spesso nelle pagine del romanzo. Marcello è un giocatore appassionato e un incallito seguace dei più noti campioni internazionali. La stessa Anna lo pratica da sempre – anche se con meno entusiasmo – e perfino il piccolo Pietro ha già inforcato la sua prima racchetta. La partita come metafora della vita: c’è chi si butta con impeto e strategia e chi ha invece un approccio più istintuale; chi vede in ogni game la possibilità di sconfiggere un avversario e chi al contrario non è portato per la competizione; chi ama giocare da solo e chi preferisce il gioco di squadra. E proprio a un doppio misto si può paragonare la relazione amorosa, laddove risulta fondamentale l’intesa che si instaura con il partner, la capacità di comunicare, la sensibilità di capire quando intervenire sulla pallina e quando lasciarla all’altro, la pazienza di non abbandonare il campo durante il match, il coraggio di arrivare alla fine. Il vero problema, infatti, è quando a un certo punto l’avversario non si palesa più al di là della rete, ma accanto a noi. Perché è in quel preciso e fatale momento che si inizia a giocare un singolare, spesso senza rendersene conto.

Cosa siamo senza qualcuno che ci aspetta a casa o si preoccupa della nostra fuga? Chi siamo senza prolungamenti umani, cuori che battono per noi, pensieri dentro una testa che ci ama e, talvolta, ci odia? Abbiamo vissuto così tanto io e Marcello che forse siamo già vecchi e stanchi di frequentarci.

A. Albertini, Anna si è svegliata, p. 151

“Anna si è svegliata” è la storia di una crisi e di una possibile (e non scontata) rinascita. È la più universale storia delle sfumature di cui è fatta l’esistenza, della cortina di fumo che tutti noi attraversiamo almeno una volta nella vita di coppia, della felicità che è sempre pericolosamente contigua all’infelicità. Il risveglio, per Anna così come per tutte le donne per troppo tempo incastrate in un limbo di vuoto, è sinonimo proprio di rinascita. E quando si nasce non si può fare altro che vivere, o almeno provarci.


Titolo: Anna si è svegliata
Autore: Alessandra Albertini
Editore: Elliot edizioni, 2022

Genere: Romanzo
Pagine: 224
Isbn: 9788892762053

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