Un verosimile attentato neofascista a Brescia raccontato dal punto di vista del protagonista nel romanzo del magistrato Di Martino

Letto e recensito da Francesca Scotti per Brescia si legge
Adesso si trovava lì, coinvolto in qualche cosa di ignoto e di imprevedibile, per realizzare qualcosa, non sapeva bene di quale contenuto, che probabilmente non corrispondeva minimamente ai suoi pensieri e alle sue aspirazioni. Tutto questo, per la stupida idea di continuare ad avere un ruolo nell’ambiente sociale di cui faceva parte, che non lo costringesse a sputarsi addosso quando si guardava allo specchio.
Roberto Di Martino, “La strage di Piazzale delle Pannocchie”, p. 76
Provincia di Brescia, primi anni 70. Goffredo è un diciottenne riservato e insicuro che, più che altro per potersi sentire parte di un collettivo, nel tempo libero frequenta un gruppo di coetanei di estrema destra. Sono i tumultuosi anni dei terrorismi politici, delle bombe e dei sequestri, in cui anche solo intrattenersi con dei giovani che sbandierano slogan neofascisti e si limitano a fare a botte coi rossi può avere gravi conseguenze. Anche per uno come Goffredo, che nonostante le sue frequentazioni si dichiara fermamente contrario a qualsiasi forma di violenza. Qualcuno che nella gerarchia dell’eversione nera sta molto più in alto del suo gruppuscolo di amici ha infatti messo gli occhi su di lui, convinto che la sua indole remissiva lo renda l’individuo perfetto a cui affidare un’atroce missione. Goffredo si ritroverà quindi presto invischiato in una trama ben più grande di lui, che stravolgerà per sempre la sua pacata esistenza e lo porterà a macchiarsi di un delitto terribile.
Con il romanzo “La strage di Piazzale delle Pannocchie” (LuoghInteriori, 2024), lo scrittore e magistrato Roberto Di Martino, ligure per nascita e bresciano d’adozione, ricostruisce, attraverso la coinvolgente vicenda del suo giovane protagonista, un verosimile attentato di matrice neofascista nel Nord Italia degli anni settanta. In ogni pagina, l’autore trasfonde la sua profonda conoscenza dei metodi e dell’organizzazione dell’eversione nera, maturata seguendo diversi processi per terrorismo, in particolare quello per la strage di piazza Loggia a Brescia del 28 maggio 1974.
Il suo è un libro duro e potente, confezionato con una scrittura asciutta che, restituendo le atmosfere dell’Italia degli anni di piombo, ripercorre un tragico capitolo del passato del nostro paese e fornisce al contempo importanti spunti di riflessione per leggere le ombre del presente.
Un racconto del terrorismo neofascista degli anni 70 dal punto di vista di un suo giovane militante
Tutto quello che gli era successo, pur iniziato con un trauma e con grandi preoccupazioni, si era, poi, evoluto in qualche cosa di piacevole. Non era più la stessa persona e gli si aprivano, forse, delle porte per diventare qualcuno di importante, approfittando di quello che il caso gli aveva riservato. Forse tirarsi indietro non era la cosa più opportuna, sempre che non fosse addirittura pericoloso per la sua stessa incolumità. Forse era meglio approfittare di quel soffio di vento che gli stava gonfiando le vele per la prima volta, in una vita fino ad allora deludente e priva di soddisfazioni. In fin dei conti cosa gli chiedevano? Solo un atto di coraggio.
Roberto Di Martino, “La strage di Piazzale delle Pannocchie”, pp. 117-118
Seminare il panico con azioni eclatanti e violente, instillare dubbio e sfiducia nella cittadinanza per far sentire gli individui soli e abbandonati da un governo incapace di proteggerli, destabilizzare e spingere a un colpo di stato che porti all’instaurazione di un regime militarista: ecco alcuni dei principali obiettivi della destra estrema nell’Italia degli anni settanta. Di Martino ce li chiarisce attraverso la storia di Goffredo, raccontandoci gli intenti e le azioni di un’organizzazione neofascista, le fasi e le modalità di un addestramento alle armi e la preparazione di un attentato terroristico in ogni suo passaggio. Il tutto dalla prospettiva di un ragazzo comune, che al neofascismo si affilia quasi per caso e che, ciononostante, diventa a tutti gli effetti un attivo esponente della bassa manovalanza.
Gli incontri tra Goffredo e gli altri personaggi che affollano le pagine del libro mettono in luce retorica, dettami e modus operandi del neofascismo negli anni trattati, ma soprattutto evidenziano come ad abbracciare una simile ideologia non siano soltanto persone invasate e sanguinarie, criminali e violenti. A essere reclutate come operatori degli estremismi sono infatti molto più spesso le persone ingenue e disorientate al pari di Goffredo, addirittura mansuete nell’ordinarietà, che poi però si dimostrano obbedienti pedine pronte a essere manovrate, tramite una strutturata rete di collaboratori, da chi sta ai vertici della gerarchia. Anonime e insospettabili, le persone come Goffredo sono infatti particolarmente adatte a essere plasmate e, inoltre, assolutamente sacrificabili per l’organizzazione, ovvero perfette per esser fatte emigrare all’estero, sotto l’ala di un governo “amico”, in caso di necessità.
Di pagina in pagina, Di Martino scava nella psiche del suo protagonista, immergendoci a capofitto in un mondo nero e sconvolgente, in una storia cupa e angosciante da cui, tuttavia, non si riesce a staccarsi. Incapace di scorgere la vera sostanza dell’ideologia a cui si è accostato, Goffredo impara a mentire, a mantenere pericolosi segreti e a farsi affascinare da chi sembra finalmente avergli dato uno scopo, un incentivo per essere fiero e coraggioso, l’occasione per essere finalmente visto e accettato. E così si trasforma, da militante goffo e titubante, in un solerte complice del terrorismo nero, fino alle estreme conseguenze.
Una storia per conoscere e fare memoria, a 50 anni dalla strage di piazza Loggia a Brescia
Ho dedicato come magistrato inquirente venti anni della mia vita alla strage di piazza della Loggia. La condanna all’ergastolo di due imputati è stata un risultato, ma forse si poteva ottenere di più. In quel crimine, infatti, hanno probabilmente collaborato molte persone, con ruoli e gradi di responsabilità molto diversi. Sulla base di questa esperienza, ho voluto immaginare, nel contesto di una strage mai avvenuta, ipoteticamente commessa al Nord nei primi anni ’70, come possa aver vissuto quegli eventi un giovane autore di quel fatto.
Roberto Di Martino, dalla premessa a “La strage di Piazzale delle Pannocchie”, p. 7.
Nell’anno del cinquantesimo anniversario della strage di piazza Loggia a Brescia, in cui il 28 maggio 1974, durante una manifestazione antifascista, una bomba nascosta in un cestino dei rifiuti è esplosa uccidendo otto persone e ferendone oltre cento, il libro di Di Martino è un‘occasione per fare memoria di tutte le stragi politiche. È un testo prezioso che offre un preciso spaccato di diversi meccanismi interni al mondo neofascista negli anni settanta, nella provincia bresciana e non solo.
Dalla prima all’ultima riga, un invito squilla incessante: quello a interessarsi e a svolgere ricerche andando oltre la superficie, per esplorare un periodo storico incredibilmente complesso in tutte le sfaccettature, le contraddizioni e i chiaroscuri che nemmeno la realtà giudiziaria dei processi delle stragi per terrorismo ha potuto – o voluto – mettere in luce.

Titolo: La strage di Piazzale delle Pannocchie
Autore: Roberto Di Martino
Editore: LuoghInteriori, 2024
Genere: Romanzo
Pagine: 200
ISBN: 9788868645182
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