“Tutta intera”: identità e ricostruzione di sé nel nuovo romanzo di Espérance Hakuzwimana

Recensione di Roberto Bonzi per Brescia si legge

Sono la figlia di Giuliana, Bellafonte è casa mia e il mondo che conosco sono vite certe, confini precisi: il falò di San Zeno, il basso Sele, la fioritura dei peschi, il frutteto a nord, la valle che diventa pianura ai lati e chissà dove porta. Sono tutte cose nitide che si mischiano alla pelle che ho e che riflette il mio pezzo mancante che ormai conosco e so gestire. Niente muore, al massimo si espande e poi si staglia nell’aria come il profumo del gelsomino sul terrazzo della vicina, la signora Piera.

Tutta intera, di Espérance Hakuzwimana

Alla fine di “Tutta intera” (Einaudi, 2022 – acquista qui), Espérance Hakuzwimana ringrazia “le bambine e i bambini, perché sono nel buono e dalla parte giusta della storia”. Il libro si apre, invece, con la protagonista Sara che, da bambina, si chiude in bagno, decisa a schiarirsi la pelle con una bottiglia di candeggina. Attraverso gli occhi della protagonista e, di rimando, attraverso gli sguardi di chi intorno a lei la chiama per nome senza riuscire ad abbinarlo alla pelle, il racconto rivela quanto sia complesso definire un’identità per chi non ne può avere una soltanto. L’adozione internazionale, il razzismo, il mondo delle seconde generazioni sono al centro di un romanzo potente, a tratti aspro, che racconta senza reticenze la realtà dell’Italia di oggi.

Nata in Rwanda nel 1991, all’età di tre anni Espérance Hakuzwimana è adottata da una famiglia di Flero, mentre il suo Paese natale è dilaniato da uno dei più sanguinosi genocidi della storia. L’infanzia e l’adolescenza vissute a Brescia vengono rievocate nel romanzo/manifesto d’esordio “E poi basta”, pubblicato nel 2019 dalla casa editrice People. L’opera proietta la voce di Hakuzwimana su scala nazionale, richiamando l’attenzione sulla forza della sua scrittura e sulla sua esperienza di lungo corso come attivista. L’approdo alla casa editrice Einaudi conferma la maturità di un’autrice che non si accoda alle narrazioni facili e rassicuranti, ma racconta le storture di oggi con lo sguardo autentico di chi le vive ogni giorno in prima persona, sulla propria pelle.

Il nuovo linguaggio delle seconde generazioni

Tu sei andata lí convinta di dargli qualcosa e loro non la vogliono. E questo ti fa impazzire. Non accetti il fatto di non poter dimostrare che sei la piú brava.
Io non voglio dimostrare niente, voglio che sappiano che sono come loro, che sto dalla loro parte!
È questo il problema Sara: tu non stai dalla loro parte! Se non sto dalla loro parte allora dove starei?

Tutta intera, di Espérance Hakuzwimana.

Sara Righetti, la protagonista di “Tutta intera”, è afrodiscendente. Per i suoi genitori che l’hanno adottata quando aveva due anni, è “Saranostra”. Cresce a Bellafonte, una città divisa in due dal fiume Sele, circondata dall’amore di una famiglia benestante, a due passi da un grande frutteto dove lo zio fa il custode e decine di lavoratori stagionali raccolgono le pesche, il loro “oro rosa”.

Abbandonati gli studi, Sara decide di mettersi alla prova come insegnante. La mattina attraversa il fiume e raggiunge Basilici, il quartiere popolare in cui sa di essere nata e di cui ora conosce “solo tre strade”. Tiene un corso pomeridiano in una scuola frequentata da studenti di seconda generazione. Per don Paolo che l’ha segnalata per il posto, lei è la “persona giusta”. Eppure, fin dal primo giorno, Sara si sente un’estranea. L’incontro con una classe composta da persone che le somigliano nei tratti somatici ma in realtà “non sono come lei” la sconvolge. A Basilici scopre un impasto di idiomi che non sa decodificare e la relega ai margini. L’esperienza del padre che, da insegnante di italiano, le ha trasmesso la fiducia nella potenza delle parole non le basta più. I ragazzi e le ragazze che ha di fronte la osservano e la sfidano. Con il linguaggio che inventano, marcano una distanza che non le è mai sembrata così tangibile.

Sara scopre che a volte le parole allontanano più dell’origine. È l’evento che manda in frantumi le sue convinzioni più radicate, lasciandola “in pezzi”. Tornare ad essere “tutta intera” non sarà affatto facile.

Le periferie urbane, luogo di esclusione e pregiudizio

Basilici è un quartiere di periferia abitato quasi esclusivamente da persone immigrate, in particolare dai figli di seconda generazione. Il romanzo descrive con cura le relazioni che si sviluppano in contesti di questo tipo, dove il degrado ha origine da pessime scelte urbanistiche e si acuisce nell’assenza di servizi o progetti di riqualificazione. Andando alla scoperta del quartiere e della comunità in cui è nata, Sara fa i conti con quella parte fondamentale della propria identità che non le è mai appartenuta ma che ora in qualche modo la completa.

Eppure, come le dicono in faccia i ragazzi e le ragazze di Basilici, lei resta la “Signorina Bellafonte”. La sorte l’ha portata a crescere in una famiglia benestante, lontana da ogni disagio. Il frutteto degli zii che per lei è uno dei tanti luoghi della memoria, per altri è solo un luogo di lavoro dove si torna a sperimentare l’esclusione e a volte il pregiudizio.

“Tutta intera” ha il pregio di non edulcorare nulla. Non consegna al lettore una ricetta facile o rassicurante. La sfida, piuttosto, è prendere esempio dalla protagonista: mettersi in gioco e abbracciare la complessità.

I chiaroscuri dell’adozione

«Per avere la metà di ciò che vuoi dovrai fare il doppio, Saranostra.
Ma non ha senso pa’, è una truffa se dici cosí!
Forse volevi dire inganno?
Tranello.
È una frode.
Un raggiro.
Una fregatura.
Allora una bugia!
No, una bugia no.»

Tutta intera, di Espérance Hakuzwimana.

Quella di Sara è un’adozione internazionale e interrazziale. Il romanzo adotta un punto di vista prezioso e spesso poco considerato: quello dell’adottata. Crescere in un contesto familiare pieno di attenzioni e affetto, purtroppo, a volte non basta. Sara è grata ai genitori per l’amore ricevuto ma, a un certo punto della propria esistenza, sente il bisogno di “completare” una storia che all’improvviso le appare monca. Ciò può avvenire soltanto attraverso il conflitto con un mondo che la costringe ogni giorno a sentirsi diversa. 

Hakuzwimana descrive con delicatezza e profondità il dilemma interiore di Sara, le ritrosie e i sensi di colpa, ma anche l’insopprimibile desiderio di trovare sé stessa, anche a costo di uscirne ferita.

Uno sguardo senza pregiudizi sull’Italia di oggi

«Fuori giugno non ha pietà e splende.
Mi giro e mi rigiro nel letto, sento le cosce calde e quando le tocco i palmi freddi mi danno sollievo per qualche secondo.
Caccio giú la voglia di piangere, di scappare, di non essere, e provo a vedere cosa rimane.
Qual è il nocciolo? L’armellina della pesca che sono, come diceva pa’ quando ero piccola e miei desideri stavano in un palmo.
Mi chiedo Come si fa a saperlo? Il mondo che ho sempre conosciuto ha cambiato faccia senza avvertire, addirittura stagione. E ho il sospetto che sia solo l’inizio.»

Tutta intera, di Espérance Hakuzwimana.

In “Tutta intera” il flusso di coscienza mescola passato e presente. La vita da giovane adulta di Sara s’intreccia ai ricordi d’infanzia. Se la protagonista sente il bisogno di ricomporre i pezzi di una nuova identità, così anche la narrazione alterna i piani temporali alla ricerca di una sorta di equilibrio instabile tra la Sara “di prima” e la Sara “nuova”. Lo stile, fresco e volutamente frammentario, all’inizio potrebbe spiazzare. In realtà, procedendo nella lettura, si dimostra il più adatto a cogliere l’irrequietezza che anima la protagonista e la fatica del suo percorso di autoanalisi.

Nel nostro Paese la realtà delle seconde generazioni è raccontata spesso con toni cupi o  sensazionalistici. Quella di “Tutta intera”, invece, è una storia che l’autrice stessa definisce “luminosa” perché racconta la vitalità, il bisogno di affermazione e il desiderio d’amore di persone vere che rifuggono gli stereotipi. Il tutto senza tacere gli aspetti più aspri di un mondo che vive di sfaccettature e non può essere ridotto a qualche slogan.

“Tutta intera” dà la parola a un’Italia che non entra quasi mai nei radar del dibattito pubblico, un po’ per miopia, un po’ per pigrizia, a volte forse anche per malafede. La riluttanza a discutere di ius soli o anche solo di ius scholae dimostra lo scarso coraggio della politica ma anche uno scollamento dalla realtà che chiama in causa l’intero Paese. Si tratta di una lacuna grave, ma è motivo di speranza che a cominciare a colmarla siano autrici come Espérance Hakuzwimana. Non le “nuove” italiane, ma le prossime.


Titolo: Tutta intera
Autrice: Espérance Hakuzwimana Ripanti
Editore: Einaudi, 2022

Genere: Romanzo
Pagine: 216
ISBN: 9788806251352

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Roberto Bonzi

Nasce nel 1978 a Nuvolento. Fin da piccolo, ama la scuola alla follia: trascorre metà della giornata a leggere e scrivere, l'altra a convincere i compagni di non essere un secchione. Dopo la laurea in "Discipline economiche e sociali" all'Università Bocconi, inizia ad occuparsi di comunicazione, di fiere e di congressi. Nel frattempo, dopo una parentesi come vicesindaco e assessore all’istruzione e cultura del suo paese natale, continua a leggere e scrivere (Come lontano da Irene, 2010; Remigio ovvero come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la matematica, 2015; Centro Fiera del Garda. Nascita e sviluppo di un polo fieristico per la Lombardia orientale, 2017) e a spiegare in giro cosa non è.

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