Nascita e morte di una Banca Popolare. Alberto Comini e il caso della Popolare di Salò (1869-1949)

Recensione di Andrea Franzoni per Brescia si legge

Come e perché nasce una Banca Popolare? Cos’è stato il movimento riformatore che, nell’Italia post-risorgimentale, ha portato alla nascita di centinaia di istituti di credito di provincia nati con l’obiettivo di rendere il credito “popolare” permettendo alle nascenti classi medie di emanciparsi e di cominciare a sognare?

“Banca Popolare di Salò. Vicende e protagonisti del credito popolare salodiano (1869-1949)”, di Alberto Comini, è il libro giusto per riscoprire le origini delle banche “popolari” in senso esteso ed anche – in un certo senso – il loro declino. Partendo dall’osservazione di un caso concreto, quello appunto dell’istituto salodiano, il saggio storico di Comini narra infatti le origini dell’istituto, nato nella seconda metà dell’Ottocento, ma anche la sua evoluzione e la sua tragica fine. Una zoomata su una storia specifica e locale che è però anche un pretesto per riscoprire un modo di intendere il credito, ispirato dalla volontà di far coesistere senza conflitti sviluppo economico e giustizia sociale, ed anche la sua successiva distorsione.

Pubblicato da Compagnia della Stampa con il contributo della storica Società di Mutuo Soccorso di Salò, il saggio di Alberto Comini (studioso di storia locale e Responsabile Comunicazione e Soci della Banca del Territorio Lombardo) ha il merito – in un’epoca dominata dalle banche digitali, dal mondo quasi esoterico della “finanza” e dai processi di fusione ed acquisizione che stanno concentrando il mercato nelle mani di pochi grandi player globali – di riscoprire le radici “nobili” e “popolari” di un certo modo di fare banca. Producendo da un lato un interessante lavoro di ricerca storica, e dall’altro un riferimento con cui provare a guardare in maniera un po’ più ispirata al futuro.

E per una storia “dimenticata” di una banca locale oggi riscoperta grazie a questa ricerca, molte altre sono ancora le storie di piccoli istituti che hanno avuto un ruolo di sviluppo sul territorio per poi scomparire nel secolo scorso ancora in attesa di essere riscoperte dalla storiografia locale.

La nascita delle banche popolari

La Banca Popolare di Salò è la prima Popolare a nascere sul territorio bresciano su iniziativa di un gruppo di notabili locali già attivi nella società di mutuo soccorso locale, di cui la banca appare una naturale continuazione. Importato dalla Germania e dall’Europa Centrale, dove si era originato, il modello delle Banche Popolari si fondava sulla concessione di micro-crediti di breve durata (3-6 mesi) garantiti “sulla parola” dai richiedenti divenuti essi stessi soci dell’istituto e quindi, in astratto, erogatori.

La novità principale era forse costituita dalla modalità di funzionamento di questi enti: presieduti da un’ampia assemblea costituita da professionisti, artigiani, negozianti ed “operai”, e non dal clero o dall’antica aristocrazia locale, le banche popolari erano infatti governati da un direttivo eletto periodicamente proprio da questa ampia base associativa fatta di clienti/beneficiari che esprimevano un voto a testa, a prescindere dal numero di quote possedute, e che contribuivano con i loro micro-depositi al capitale.

Per comprendere quanto questa idea di micro-credito fosse innovativa e quasi “rivoluzionaria”, bisogna pensare a quali erano le modalità di accesso al credito del tempo.

Da un lato esistevano le grandi banche al servizio delle industrie, dei governi e dell’aristocrazia, inarrivabili per i comuni cittadini, per gli artigiani o per gli agricoltori. Dall’altro, aveva raggiunto con la restaurazione il suo massimo splendore il sistema intriso di pietismo e discrezionalità degli enti caritativi e filantropici, controllati da aristocrazia e clero, disposti a concedere ai poveri ritenuti meritevoli sussidi in un’ottica assistenziale e sostanzialmente improduttiva. Ed infine il sistema del Monti di Pietà, nati come alternativa popolare e cristiana all’usura, che funzionavano fornendo denaro in prestito in cambio però della consegna dei pochi averi residui di cui i popolani già impoveriti ancora (forse) disponevano.

Credito, fiducia e controllo sociale

Anche se non esisteva ovviamente un vero e proprio “diritto” di accesso al credito, la Banca Popolare permise l’accesso al credito di un’ampia platea di piccoli artigiani fino a quel tempo esclusi contribuendo così allo sviluppo dell’economia locale ed anche all’emancipazione dalla povertà di una quota della cittadinanza. I prestiti, di importo e durata modesta ma sufficienti a finanziare i progetti ed i bisogni di breve termine dell’impresa, erano infatti concessi a persone che non avrebbero avuto modo di finanziarsi altrimenti e per di più sulla parola: garanzia della restituzione, era soprattutto la volontà di non sfigurare e di non essere esclusi da ogni rete di protezione sociale della comunità.

Sempre sulla base dello stesso principio, la fiducia, la Banca Popolare di Salò arrivò addirittura a stampare “buoni fiduciari”: una sorta di moneta alternativa, creata per garantire liquidità nel periodo post-unitario, formalmente illegale ma di fatto equiparata dai salodiani (sulla fiducia) alla lira.

La dimensione comunitaria e fiduciaria era infatti, in questo tipo di sistema, centrale: non per nulla, a Salò, la Banca Popolare nacque come evoluzione della Società di Mutuo Soccorso nata per erogare “pensioni” in caso di infortunio, malattia o inabilità al lavoro.

Notabilato locale vs retorica della partecipazione

Non è tutto oro quel che luccica, tuttavia.

E’ ad esempio interessante notare, come rilevato anche da Giovanni Pelizzari nell’introduzione, come l’accezione di “popolare” facesse in realtà riferimento ad una ristretta élite risorgimentale fatta di professionisti (avvocati, notai etc.) che si sarebbe poi avvicinata alla sinistra zanardelliana ma che, tramite il controllo di fatto di queste istituzioni, riuscì a contenere l’esplodere del conflitto sociale tenendo le popolazioni lontane da socialisti, ambasciate e sindacati operai e derive più radicali.

Ciò è testimoniato anche dallo scarso ricambio di fatto che ebbero le cariche più prestigiose della Banca, nonostante le frequenti elezioni. Come osserva Alberto Comini, a dispetto della retorica – più genuina all’inizio, poi più strumentale – della partecipazione popolare, “non a caso, per quattro quinti della sua esistenza, si avvicendarono tre soli presidenti, tutti avvocati, non a caso legati da rapporti politici, professionali e amicali”. Ad ulteriore riprova, a seguito di anni di polemiche sull’inamovibilità al potere dell’élite al comando dell’istituzione cui gli stessi rispondevano denunciando la scarsa partecipazione e la scarsità di risorse qualificate da cooptare nella governance dell’istituto, nell’assemblea del 1891 si presentarono in assemblea solo 40 dei circa 500 soci aventi diritto di voto.

La classe borghese, in altre parole, riuscì anche attraverso questa istituzione a sostituire l’antica nobiltà ed il clero garantendo lo sviluppo della comunità, ma allo stesso tempo riuscì tramite questo approccio “riformista” ad auto-preservarsi contenendo tra l’altro le pulsioni più propriamente rivoluzionarie e forse genuinamente popolari.

Morte di una Banca

La storia della Banca Popolare di Salò durò in tutto ottant’anni, dal 1869 al 1949: un lasso di tempo più che considerevole, caratterizzato da crisi economiche, da perdite di raccolti, da tempeste valutarie, da scandali (come quello della Banca Romana che sul finire dell’Ottocento portò alle dimissioni del Presidente del Consiglio Giolitti) che minarono la reputazione delle banche, da tensioni commerciali con i paesi vicini, dalla bancarotta di alcuni soci/creditori e da momenti di prudente stretta creditizia che garantirono la sopravvivenza dell’istituto (che sopravvisse alla consorella Banca Popolare di Brescia, liquidata nel 1895).

La storia della Banca Popolare di Salò accompagnò, quindi, la storia delle banche italiane tra l’unità d’Italia e la seconda guerra mondiale: dalla fase pionieristica, all’aumento della concorrenza, agli anni delle crisi e dei crack bancari.

Con il passare degli anni, ad esempio, giunsero anche a Salò numerosi concorrenti (a metà degli anni ’20 erano attive a Salò le filiali di ben sette banche diverse!), a testimonianza del dinamismo del paese e dell’epoca: dalla fase pionieristica, si passò quindi ad una più matura fase di competizione fra istituti. Fu però nella seconda metà degli anni ’20, che la situazione cambiò decisamente facendo comparire all’orizzonte nubi sempre più nere: la crisi finanziaria del ’29, si riverberò infatti in maniera significativa anche sui numerosi istituti di credito locali che, abbandonati dal governo fascista alla selezione naturale (che si occupò di salvare solo le grandi banche para-statali e su qualche primario istituto cattolico), fallirono lasciando sul lastrico tutti i loro correntisti. Il caso più eclatante fu quello dell’UBI (Unione Bancaria Italiana), con sede a Brescia, che fino a pochi anni prima vantava ben 260 sportelli aperti in Lombardia e Veneto e che fallì il 26 marzo del 1932.

Il colpo di grazia alla Banca Popolare di Salò lo diede invece il fallimento di un’azienda: la Soffieria del Benaco, produttrice di fialette in vetro soffiato per l’industria farmaceutica milanese. Indebitata con la Banca per la cifra astronomica di 57 Milioni di lire (più di 15 volte il capitale sociale depositato della Banca Popolare di Salò), una cifra enorme per l’epoca che non è chiaro come né perché sia stata concessa, la Soffieria fallì infatti in quello stesso anno trascinò in pochi mesi, inaspettatamente, la Popolare salodiana nella povere.

Le attività e le passività furono acquisite da due banche bresciane, il Credito Agrario Bresciano e la Banca S.Paolo, così da tutelare creditori e correntisti (gli azionisti videro invece azzerato il valore delle loro quote). Una vicenda ancora oggi non del tutto chiara, epilogo triste per un’istituzione pionieristica che ha comunque attraversato e fatto otto decenni tra i più turbolenti ed entusiasmanti della storia.


Titolo: Banca Popolare di Salò. Vicende e protagonisti del credito popolare salodiano (1869-1949)
Autore: Alberto Comini
EditoreCompagnia della Stampa

Genere: Saggio
Pagine: 120
Isbn: 9788884867889

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Andrea Franzoni

Nato negli anni ’80, vive in equilibrio tra Brescia e Milano. Sociologo di formazione ed attivista per necessità, lavora in una multinazionale del marketing e della comunicazione continuando a coltivare parallelamente la sua passione per le storie ed il desiderio velleitario di contribuire a rendere la città natale un po' più aperta e consapevole. Prima di fondare "Brescia si legge", ha pubblicato un romanzo distopico (Educazione Padana, 2018) e una raccolta di racconti ('I forestieri e l'anima della città. Storie di migranti a Brescia nella seconda metà dell'800', 2019).

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