“Marzia che tanto piacque agli occhi miei”: una celebre nobildonna bresciana vista attraverso lo sguardo appassionato del Foscolo

Milano, Mercoledì 14 Ottobre 1807

Marzia mia,

[…] quando in questa mia solitudine la malinconia viene a pigliarmi il cuore io rileggo dalla prima all’ultima tutte le lettere che mi scrivesti; e sono divenute il mio libro favorito.

Ugo Foscolo, “«Marzia che tanto piacque agli occhi miei». 106 lettere di Ugo Foscolo a Marzia Martinengo”, p. 56, righe tratte dalla lettera numero 28

Un sorriso tenue in un viso chiaro, ricci scuri trattenuti ai lati della testa e vispi occhi brillanti. Così appare a venticinque anni Marzia Martinengo, nobildonna bresciana vissuta tra il 1781 e il 1859, nel ritratto dipinto da Giovanni Battista Gigola e conservato alla pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia. Donna di cultura e appassionata lettrice, Marzia dà vita sin dai primi dell’Ottocento a un salotto letterario nel suo palazzo in piazza del Foro a Brescia, radunando intellettuali e artisti in un autentico “cenacolo”. È proprio grazie a questo salotto che, a ventisei anni, fa la conoscenza di un poeta trentunenne dal carattere impetuoso e dalla capigliatura fulva: Ugo Foscolo. Tra quest’ultimo e la giovane donna nasce una relazione amorosa clandestina, testimoniata da un’intensa corrispondenza con la quale, tra il 1807 e il 1809, Foscolo arriva a scrivere all’amata un totale di ben 150 lettere.

Il libro “«Marzia che tanto piacque agli occhi miei». 106 lettere di Ugo Foscolo a Marzia Martinengo” (La Vita Felice, 2024) riunisce buona parte delle lettere indirizzate a Marzia da Foscolo, con un’introduzione dal titolo “Ugo e Marzia” a cura del giornalista e scrittore Paolo Barbieri e con l’arricchimento di note bibliografiche. Le lettere, provenienti dalla raccolta della fondazione Ugo da Como e da quella della famiglia Lechi, sono tratte dal libro “Lettere inedite di Ugo Foscolo a Marzia Martinengo” (Felice Le Monnier, Firenze, 1939).

Nelle sue 164 pagine color avorio, il piccolo volume offre sfumature della sensibilità e dei sentimenti di uno dei più grandi poeti italiani del periodo tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, evidenziando inoltre il suo legame con Brescia, la città in cui nel 1808 pubblica, con l’editore Bettoni, il celebre poema “Dei sepolcri”.

Milano, Mercoledì 18 Novembre 1807

Mia dolcissima amica,

Il giorno in cui vengono le tue lettere mi reca alcuni momenti di consolazione: ma quella ch’io ebbi jeri è così piena d’amore ch’io l’ho letta e riletta, e l’ho baciata con certa superstizione: quando ti avrò risposto andrò a riporla fra le altre, ma in un luogo distinto perché quando vorrò ritrovarla mi salti agli occhi più presto. Scrivimi, Marzia, scrivimi perché ne ho realmente necessità.

Ugo Foscolo, “«Marzia che tanto piacque agli occhi miei». 106 lettere di Ugo Foscolo a Marzia Martinengo”, p. 67, righe tratte dalla lettera numero 38

“Mia cara amica”, Mia Marzietta”, Marzia mia”: è così che Foscolo si rivolge quasi sempre a Marzia in apertura alle 106 lettere. Il poeta parla alla nobildonna con trasporto e tenerezza, come a un’anima da cui è certo di ricevere conforto e sostegno per le tribolazioni del suo animo appassionato e tormentato. Le scrive moltissimo, anche più di una lettera al giorno, e la mancanza di una tempestiva risposta di lei è in grado di scatenare nel suo animo una viva apprensione.

A portare Foscolo a soggiornare a Brescia a più riprese, tra il febbraio del 1807 e il maggio del 1808, è la conoscenza, stretta a Venezia, dei bresciani Gaetano Fornasini (medico, poeta, vicebibliotecario della biblioteca Queriniana e dell’ateneo bresciano), Luigi Scevola (segretario del Comitato della Pubblica Istruzione della Repubblica bresciana) e Giovanni Labus (poeta e rivoluzionario). Affascinato dalle idee napoleoniche di questi uomini e dall’insurrezione bresciana che ha portato all’instaurazione della Repubblica, il poeta si reca dunque a Brescia. Iniziano così per lui mesi particolarmente intensi, in cui, oltre a scrivere e pubblicare “Dei Speolcri”, si cimenta nella traduzione dell’”Iliade” e lavora alla premessa alle opere di Raimondo Montercuccoli. Di questi processi di scrittura, Foscolo parla a Marzia a più riprese nelle sue lettere. Descrive poi le sue giornate a Milano, città che non ama, dove lavora per il Ministero.

Le lettere di Foscolo testimoniano anche le sue tante amicizie con poeti, intellettuali e politici bresciani che hanno scelto, contro Venezia, Napoleone Bonaparte. Grazie al salotto letterario di Marzia, il poeta stringe infatti forti e duraturi legami con Ferdinando Arrivabene (tra le tante cose consigliere d’appello a Brescia e grande letterato), Cesare Arici, Francesco Filos, Agostino Pitozzi e tutta la nobiltà bresciana.

Foscolo non smette di scrivere a Marzia nemmeno quando la passione amorosa si affievolisce. La corrispondenza tra i due si dirada progressivamente, ma lui continua ad aprirle il suo animo, a interessarsi della salute e della felicità sua e dei suoi figli.

Purtroppo, non possiamo leggere le risposte di Marzia, perché non esistono più. Foscolo stesso, nel corso di una fuga dalla polizia austriaca, le fa distruggere dall’amico Silvio Pellico, probabilmente per timore che possano scatenare malignità nei confronti di Marzia. La nobildonna bresciana conserva invece tutte le 150 lettere di Foscolo, anche dopo la morte del poeta. Si dice che, negli ultimi anni della sua vita, tenga lo scrigno in cui sono riposte accanto alla poltrona in cui è solita trascorrere le giornate. Alla sua morte, le lettere vengono divise tra i figli Margherita, Carlo e Clara.

Cos’altro sappiamo di Marzia Martinengo, oggi ricordata pressoché da chiunque soltanto per essere stata amata da Foscolo?

Sappiamo che ha vissuto la stagione della Repubblica bresciana, poi l’epopea napoleonica (incontrando lo stesso Bonaparte grazie ad alcune sue conoscenze), e quindi il turbolento periodo segnato dall’insurrezione delle Dieci Giornate di Brescia del 1849. Sappiamo che ha sposato Luigi Martinengo Cesaresco del Novarino a soli sedici anni e che il marito, più vecchio di lei di vent’anni, era più interessato alla caccia che alla letteratura. Sappiamo anche che cercava di ritagliarsi una sua indipendenza, osando mostrarsi a teatro con Foscolo nonostante fosse sposata con tre figli. Il suo salotto letterario, un punto di riferimento per letterati e artisti dalle idee aperte e controcorrente, ha reso palazzo Cesaresco Novarino a Brescia un luogo di ritrovo e di incontri, amicizie, affetti, connessioni, confronti.

Il politico Ugo da Como l’ha descritta come uno spirito vivace, intriso di «schiettezza «bresciana» e di «veracità dell’animo». L’amore di Marzia per l’essenzialità e la sua semplicità di spirito si rispecchiano anche nella sua tomba al cimitero monumentale Vantiniano di Brescia. Singolarmente, infatti, non è sepolta nel mausoleo di famiglia, ma in una tomba a parte, molto sobria e sulla cui lapide è inciso unicamente il suo nome, senza date anagrafiche. Proprio questa nobile dalla natura semplice, appassionata e sincera, è la vera protagonista del libro, pur nel silenzio che deriva dalle sue lettere perdute. Ogni riga a lei dedicata accende la curiosità per una donna che ha vissuto e amato, condiviso l’interesse per la cultura e costruito legami nella Brescia dell’Ottocento.


Titolo: «Marzia che tanto piacque agli occhi miei». 106 lettere di Ugo Foscolo a Marzia Martinengo
Autore: Ugo Foscolo
Curatore: Paolo Barbieri
Editore: La Vita Felice, 2024

Genere: Epistolario
Pagine: 161 
ISBN: 9788887734706

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Francesca Scotti

Classe 1991, vive tra Brescia e la Franciacorta. Ha studiato letteratura inglese e tedesca, laureandosi con una tesi sui rapporti fra la cultura tedesca e il nazionalsocialismo. Nutre un amore sconfinato per la storia, in particolare per quella della Resistenza italiana. Ha esordito con il libro di racconti “La memoria della cenere” (Morellini, 2016). Tra il 2018 e il 2024 ha pubblicato con Edikit quattro romanzi che compongono una saga familiare ambientata in terra bresciana durante l’arco del Novecento: “Figli della Lupa”, “Vento porpora”, “La fedeltà dell’edera” e “Come musica azzurra”. Curiosa e irrequieta, trova equilibrio, energia e ispirazione nella musica rock e metal. Non può stare per troppo tempo senza queste tre cose: rivedere Roma, scarpinare in montagna e stravolgere qualche abitudine.

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