“Il caciaio e la ragazza di Tignale”: grandi speranze e drammi privati nel memoir di Giorgio Verutti

Dalla copertina de "Il Caciaio e la ragazza di Tignale" di Giorgio Verutti

  Recensione di Francesco Buffoli per Brescia si legge

La giovinezza nella Toscana rurale degli anni sessanta, gli anni liberatori della controcultura, la scoperta del mondo e della vita a cavallo dei settanta. E poi ancora: il viaggio (di sola andata) verso Brescia alla ricerca di una donna conosciuta in vacanza, un amore esuberante e contrastato da romanzo, gli anni della disillusione ed i duri colpi sferrati dalla vita.

A metà strada fra il memoir e il romanzo, “Il Caciaio e la ragazza di Tignale” di Giorgio Verutti (Serra Tarantola, 2021 – acquista qui) è un libro emozionante che ripercorre gli anni cinquanta, sessanta e settanta, tra boom economico, cambiamenti epocali, esperienze rocambolesche, grandi speranze, disillusioni collettive e drammi privati.

Una variopinta fotografia di anni rivoluzionari e di una delle tante piccole-grandi storie private che li hanno resi tali, un testo originale capace di coinvolgere il lettore grazie ad una scrittura sobria e fluida e a una trama avvincente. Avvincente come può essere solo la vita vissuta.

(Attenzione, la recensione che segue contiene spoiler)

Dall’infanzia nella Toscana rurale alla Jugoslavia on the road

Il protagonista del romanzo è l’autore stesso, Giorgio Verutti, soprannominato Caciaio con riferimento al lavoro del padre: è infatti lui a raccontare, in prima persona, le proprie vicende personali e familiari.

Le prime pagine sono dedicate all’infanzia trascorsa in provincia di Grosseto e immersa in un presente che pare eterno, in un contesto agreste e tradizionale valorizzato dall’uso del vocabolario popolare toscano (Mi babbo): scelta stilistica che rende vivida e particolarmente efficace la descrizione della Toscana rurale degli anni cinquanta e dei primi anni sessanta.

La prima parte del libro ricostruisce nel dettaglio le vicende della famiglia dell’autore: le circostanze rocambolesche in cui i genitori si sono conosciuti e sposati nell’immediato dopoguerra, la nascita dei due figli (l’autore è del ’53), la relazione burrascosa tra l’autore e il padre (due caratteri difficili e spigolosi), l’adolescenza e la post-adolescenza vissute mentre nuovi movimenti politici giovanili infiammano l’Italia, nel 1968 e negli anni immediatamente successivi.

Le pagine dedicate all’impegno politico e alla controcultura, in un’epoca in cui vengono stravolte le regole dell’arte e della comunicazione, sono tra le più interessanti del libro. Particolarmente degno di nota è il resoconto del tour della Jugoslavia, attraversata da un giovanissimo Giorgio a inizio degli anni settanta tra esuli americani, artisti di strada, hippie e avventurieri. Il viaggio si conclude con una visita notturna a Belgrado e quindi con un rapido ritorno a Trieste in autostop: il capitolo sembra quasi un omaggio alla letteratura beat che proprio al tempo stava riscrivendo le regole del romanzo, e il ricorso all’autostop (vero e proprio topos del mondo di Kerouac, Ginsberg e soci) rivela – anche nelle intenzioni di Verutti – una concezione del mondo forse ingenua ma a forte vocazione libertaria.

Alla ricerca della ragazza di Tignale

La vita dell’autore giunge a una svolta nel 1973, quando il caciaio incontra Enrica Panizza, ragazza di origini gardesane di poco più grande di lui, figlia di un’epoca tumultuosa proprio come il futuro marito.

Dopo una sorta di secondo proemio dedicato alle peregrinazioni della futura compagna e moglie, Verutti si addentra quindi nel cuore della vicenda sentimentale che il testo si propone di ricordare: Giorgio ed Enrica si conoscono in Calabria durante l’estate del 1973, ma la fine delle vacanze, durante le quali la scintilla esita a scoppiare, sembra separarli per sempre.

Giorgio Verutti è tuttavia persona determinata e pochi mesi dopo l’ultimo saluto si mette sulle tracce di Enrica: lascia la Toscana e viene a Brescia, passa al setaccio il centro della città, cerca senza successo di carpire informazioni alla segreteria universitaria, si reca persino presso la sede di Desenzano del PCI, ma non ottiene nulla finché qualcuno non gli rivela che Enrica Panizza vive a Tignale.

Giorgio si reca quindi sul lago di Garda per portare a termine la sua lunga e laboriosa ricerca, e dopo aver raccolto ulteriori informazioni finalmente ritrova Enrica. Le propone su due piedi di sposarlo, suscitando la reazione incredula di lei, che però alla fine accetta. I genitori di lui mal sopportano l’unione del figlio con una donna più grande; la madre, in particolare, fa di tutto per ostacolarla, ricorrendo anche a gesti plateali e poco corretti, ma senza successo.

L’ultimo momento di gioia

Seguono anni turbolenti, tra il servizio militare vissuto come una prigionia e l’irruzione della violenza sulla scena politica che spegne l’entusiasmo militante di Giorgio. Fino a quando Enrica non rimane incinta e i due ragazzi, superando l’ostracismo dei genitori di lui, si sposano proprio a Tignale, nel settembre del 1974. L’evento viene ricordato anche con alcune fotografie che gridano anni settanta con tutto il fiato. Nascerà un bambino che si chiamerà Francesco, il quale troverà purtroppo ad attenderlo un destino tragico.

L’autore tuttavia non racconta come suo figlio sia morto, né come e quando sia poi venuta a mancare anche Enrica, preferendo interrompere il racconto appena prima che si trasformi in tragedia. Quasi regalando al lettore e alla storia l’immagine di sé e dei propri familiari nell’ultimo vero momento di gioia.

Il romanzo vanta una scrittura pulita e scorrevole e ha il grande pregio di evitare scivoloni retorici. Non mancano momenti commoventi, ma la commozione sembra più trovata che cercata: Giorgio non specula infatti mai sui propri sentimenti e sulle proprie vicende passate, e chi scrive ha per l’appunto scelto di troncare la narrazione prima di trasformarla in un calvario, in una sorta di esplorazione del dolore, come se sapesse che certe cose non possono essere raccontate perché le parole rischiano di rimpicciolirle.


Titolo: Il Caciaio e la ragazza di Tignale
Autore: Giorgio Verutti
Editore: Serra Tarantola, 2021

Genere: Memoir
Pagine: 160

Isbn: 9788867772995

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Francesco Buffoli

Francesco Buffoli è nato a Chiari (Bs) il 18 dicembre 1982, vive a Brescia da diversi anni ed esercita sin dal 2009 la professione di avvocato. Nutre da sempre una grande passione per la lettura e la scrittura, oltre che per la musica. Tra 2004 e 2008 ha collaborato con il quotidiano Bresciaoggi, scrivendo di sport e di cultura. Dal 2007 è redattore del sito storiadellamusica.it e dal 2013 collabora stabilmente con la nota rivista Rockerilla, per la quale scrive recensioni di libri e di dischi, occupandosi principalmente di jazz e di rock alternativo; negli ultimi mesi ha iniziato a collaborare anche con la webzine Game of Goals, trattando di tematiche che si collocano al confine tra sport e cultura. Ha pubblicato una raccolta di poesie ("AmErica", premiata al festival della microeditoria di Chiari del 2016) e due romanzi ("La messa è infinita" e "Più strano del Paradiso"). La passione per la letteratura è maturata durante gli anni delle superiori, ma è cresciuta esponenzialmente nel periodo immediatamente successivo, quando Francesco ha scoperto la beat generation, il gonzo journalism e la "letteratura rock" di Lester Bangs e compagnia. Sin da allora, Francesco mostra una predilizione per gli scrittori che arrivano dal Nuovo Mondo; i suoi autori preferiti (fatta eccezione per gli europei Albert Camus ed Hermann Hesse) sono i latinoamericani Roberto Bolaño, Pablo Neruda e Gabriel García Márquez, nonché gli americani John Cheever, Jack Kerouac, Allen Ginsberg, William Carlos Williams, Don DeLillo e David Foster Wallace.

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