Iconografia musicale in Valle Sabbia – dal XV al XVIII secolo: quando la musica si fa arte

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Una grande passione per la musica e per l’arte ha mosso il professor Giovanni Baronchelli, classe 1988, a percorrere la sua valle da attento osservatore. “Iconografia musicale in Valle Sabbia” (edita da Grafo nel 2021) è il risultato di questo suo percorso di minuziosa individuazione, censimento e descrizione, di numerosi strumenti musicali che, tra il 1400 e il 1800, sono stati rappresentati da pittori e scultori in chiese e palazzi, rocche, santuari e abitazioni private.

Musica e pittura rivestono infatti una parte essenziale degli interessi di Baronchelli, nativo di Gavardo, artista poliedrico che, sotto la spinta di un personale coinvolgimento emotivo, ha accumulato nel corso di alcuni anni di ricerca una notevole mole di materiale iconografico musicale.

Musica e pittura, fra arte lombarda e veneta

“Valutando il materiale raccolto sono giunto alla convinzione che il linguaggio musicale, nato e sviluppatosi in Valle Sabbia, debba essere considerato sia facente parte di un contesto peculiare con aspetti e caratteristiche locali, sia allo stesso tempo rientrante nell’ambito musicale bresciano e visto come espressione di scambi e contatti, nel passato molto intensi, tra Brescia e Venezia”.

Giovanni Baronchelli, Iconografia musicale in Valle Sabbia, pag. 7

L’arco temporale preso in considerazione, salvo brevi momenti trascurabili nel bilancio più ampio dei secoli, corrisponde all’epoca in cui il territorio bresciano è appartenuto alla Serenissima. Un periodo prospero, di relativa tranquillità politica, nel quale fioriscono le arti, pittura e musica, anche in Valle Sabbia, con contaminazioni oscillanti fra l’arte lombarda e quella veneta. Dunque tutto il volume di Baronchelli è giocato su queste due espressioni artistiche, quella pittorico/scultorea e quella musicale degli strumenti raffigurati, inscindibili nella concretezza della loro cornice edilizia/architettonica.

Una dignitosa parte introduttiva, costituita da alcuni capitoli supportati da un solido apparato di note, inquadra storicamente i contenuti delle pagine seguenti che saranno poi strutturate come schede di dettaglio di opere, finemente descritte, precedute da una mappa tematica indicante i luoghi dell’indagine e gli strumenti musicali catalogati.

Fra i luoghi citati anche quello scrigno unico del Rinascimento che è la chiesetta di Sant’Antonio di Anfo, nella quale si legge un’unione magnifica tra tema sacro e mitologia classica, che il restauratore Romeo Seccamani, originario di Anfo, ricondusse al passaggio di Fra Giocondo, come si ricorda in una nota:

“In Sant’Antonio l’artefice degli affreschi, sotto la guida di esperti umanisti del calibro di Fra Giocondo da Verona, che aveva partecipato agli scavi di Albano nel XVI secolo, lega la storia di Ercole al martirologio cristiano. Ercole è dapprima rappresentato come fanciullo a dorso del cavallo e poi come adulto con la clava. L’eroe è visto come un martire ed è costretto a immani fatiche per espiare l’uccisione dei figli”.

Giovanni Baronchelli, Iconografia musicale in Valle Sabbia, pag. 11

Un itinerario prezioso alla scoperta di chicche rare

La prima di quelle “schede”, che costituiscono il corpo del libro (estesa nelle pagine 23, 24 e 25) riguarda una abitazione privata di Prevalle, riccamente decorata con un ciclo di affreschi datato 11 aprile 1436. Fra scene nuziali e di caccia, compaiono due strumenti musicali antichi, bombarde a canna conica terminanti a campana:

“Purtroppo è visibile solo la parte inferiore di tre figure, delle quali due sicuramente suonatori di bombarda. L’abbigliamento di questi personaggi rimanda a un ambito cortigiano e riprende lo stile e i colori di quello degli sposi: calze bicolori e tessuti damascati. Le due bombarde dalla canna conica terminano in un’ampia campana dal bordo rinforzato”.

Giovanni Baronchelli, Iconografia musicale in Valle Sabbia

Seguono poi le pagine dedicate ad una cappella presente in Cascina Bolina di Gavardo, riguardanti un ciclo d’affreschi del XVIII secolo nel quale possiamo ammirare una Santa Cecilia, patrona della musica, intenta nell’eseguire un brano all’organo positivo.

E così via, seguendo la Valle, si giunge all’opera numero 82, che è la chiesa di San Rocco a Bagolino, dove Giovanni Pietro da Cemmo, nel 1486, ha decorato le pareti con un suggestivo ciclo a fresco, nel quale Baronchelli ha individuato due angeli musicanti che suonano trombe naturali diritte, a canna lunga e sottile, tenute con entrambe le mani. In una seconda coppia di angeli quello di destra suona una ribeca ovoidale a quattro corde, con un archetto corto e piuttosto arcuato.

Le opere descritte sono spesso “nascoste” in luoghi poco noti al grande pubblico, anche bresciano. La lettura, e la visione correlate di splendide immagini, invoglia a recarsi in Valle Sabbia per ammirare certi gioielli dell’arte davvero inaspettati, da apprezzare dal vivo e concorrere a valorizzare, possibilmente anche accostandoli all’ascolto di brani coerenti con la loro epoca di realizzazione.

Interessanti contributi che valorizzano il patrimonio culturale valsabbino

Quasi in chiusura del volume, un saggio di Lorenzo Pelizzari, grande esperto di Ponte Caffaro già collaboratore del Museo degli Strumenti Musicali e della Liuteria Bresciana, passa in rassegna gli strumenti musicali della Valle del Caffaro, fra Bagolino e il lago d’Idro, dove ancora sussistono importanti testimonianze di un passato musicale di peculiare ricchezza.

Si parla di una fervente liuteria, colta o popolare, che produceva un’ampia varietà di chitarre italiane e violini. Si accenna a strumenti dispersi fra collezionisti privati, o finiti addirittura Oltralpe, nei musei di Copenaghen e Norimberga. E poi colascioni, flauti, pifferi, cornamuse

Michela Valotti è infine l’autrice di una chiusa particolare, con il saggio intitolato “Non vi”: strategie editoriali alla fine del Cinquecento, il caso del “bibliopola” Giovanni Battista Pellizzari, da Sabbio a Cremona.

Seguono alcune pagine d’importante supporto al lettore, dove sono riportati i termini del lessico degli strumenti musicali nel quale, per esempio, troviamo la descrizione del “Colascione”:

“[…] appartiene alla famiglia dei liuti e sembrerebbe derivare sia dal tambur arabo a tre corde che dallo strumento mesopotamico pan-tur, dal quale deriva a sua volta la pandura greca. Nel corso del tempo lo strumento si perfeziona dando origine alla mandòra…”

Giovanni Baronchelli, Iconografia musicale in Valle Sabbia, pag. 240

Chiaro nell’esposizione, sintetico e tuttavia esaustivo, il volume di Baronchelli ci porta ad assaporare con piacere la ricchezza del patrimonio culturale valligiano, anche grazie ad un ampio corredo d’illustrazioni a colori (spesso a piena pagina) e puntuali note di approfondimento o bibliografiche. Le descrizioni “scientifiche” degli strumenti e le interessanti digressioni di carattere storico artistico sono di chiara matrice passionale. Questo volume infatti, come indicato in terza di copertina, rappresenta una perfetta sintesi delle passioni di Giovanni Baronchelli e vuole contribuire alla salvaguardia del patrimonio culturale bresciano e soprattutto valsabbino.


Titolo: Iconografia musicale in Valle Sabbia – dal XV al XVIII secolo
Autore: Giovanni Baronchelli
Editore: Grafo, 2021

Genere: Saggio
Pagine: 247
ISBN: 9788854930414

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