Il sorprendente ritrovamento di una fossa comune al Tonale e il dramma dei soldati nella grande guerra raccontati nel libro di Sergio Boem

1918 - Un plotone del battaglione alpini Valcamonica, capitanato dal tenente Ubaldo Profili, presenta le armi durante l'inumazione di un soldato austriaco al passo Brixio

Recensione di Francesca Scotti per Brescia si legge

13 giugno 1918, Cima Cady, passo del Tonale. È un altro giorno di sangue e di cenere, un altro anello nella catena di lutti della prima guerra mondiale. A scontrarsi in un’aspra battaglia da una parte all’altra della Alpi sono il battaglione Valcamonica del V reggimento alpini e i soldati dell’esercito austroungarico. Un violento temporale si unisce al fuoco d’artiglieria, in quello che sin da subito si profila come un feroce combattimento ad alta quota.

Settembre 2019, stesse montagne. A oltre un secolo di distanza dal drammatico evento, i prati del Tonale ci consegnano un’inestimabile testimonianza: una fossa anonima colma dei resti di 94 soldati austroungarici dispersi. La straordinaria scoperta si deve al bresciano Sergio Boem, vero cacciatore di ricordi e ricercatore di storie, nonché alpinista e scrittore che ha già dato alle stampe diversi libri incentrati sulle vicende del battaglione Valcamonica. Basandosi sugli accenni a un’imponente sepoltura presenti nel diario di guerra del nonno materno e ufficiale degli alpini Ubaldo Ingravalle, Boem si è recato nei luoghi della battaglia di Cima Cady e, supportato da istinto e tenacia, è riuscito a trovare la fossa di soldati dimenticati, riportando alla luce una grande tragedia dimenticata.

Dopo il sorprendente rinvenimento, a pochi mesi dalle celebrazioni per il centenario del milite ignoto, Boem ha pubblicato il libro “Sui prati del Tonale 94 stelle alpine” (Rendena, 2021), un romanzo storico in cui racconta sia della battaglia di Cima Cady che dell’avvenuto ritrovamento, partendo però dagli antefatti, ossia dall’esperienza al fronte del nonno alpino e dei suoi uomini nei mesi che hanno portato al 13 giugno 1918.

Alternando scene di combattimenti, minute descrizioni della vita militare e riflessioni personali, Boem ha confezionato un libro ben documentato che parla della grande guerra nella sua brutale e quotidiana disumanizzazione fatta di morte, terrore, fame, fango e dolore. La sua è un’opera che vuole essere un monito contro ogni guerra e un sentito tributo per tutti coloro che, a prescindere dallo schieramento e dalla nazionalità, si sono ritrovati coinvolti in un conflitto bellico.

Dalla vicenda del nonno alpino al dramma collettivo dei soldati nella grande guerra

Quando […] giunse sul fronte alpino, dopo l’affrettato corso, era stato come travolto da quel drammatico evento e non poteva essere altrimenti: non conosceva le montagne né la guerra ma in fondo, nemmeno se stesso.
Le giornate erano corte e le notti interminabili, dominate da sensazioni sconvolgenti e da disagi che mai aveva subito, come la fame o la sete, oppure il freddo atroce che accompagnava l’umidità delle veglie e soprattutto quell’angoscia che lo sfiancava prima ancora degli assalti. Di tutte quelle drammatiche emozioni e dei tanti ostacoli che ogni giorno incontrava lassù, non aveva esperienza alcuna e tutte insieme colpirono i suoi sensi quanto la sua mente, con una forza devastante.


Sergio Boem, “Sui prati del Tonale 94 stelle alpine”, p. 20

Ad accompagnarci per tutto il libro, in un percorso che allaccia ricordi privati e memoria collettiva, è Ubaldo Ingravalle, tenente del battaglione Valcamonica e nonno materno dell’autore. Ingravalle è un giovane uomo colto ed elegante che a partire dal 1915 viene catapultato dai bei marciapiedi romani nel fitto di una guerra tremenda, nel sangue di combattimenti interminabili e a contatto con la sistematica omologazione imposta dalla vita militare.

Per costruire il suo racconto, Boem ha attinto in primis dal diario del proprio parente, ma anche da documenti in possesso della famiglia, da autorevoli fonti archivistiche e da svariate altre testimonianze rinvenute tramite approfondite ricerche e visite ai luoghi della grande guerra. Quello che ci ritroviamo tra le mani è quindi un libro infarcito di dettagli capaci di far respirare le truci atmosfere del fronte e di illustrare svariati aspetti della vita di un soldato, dalle privazioni quotidiane allo shock dei combattimenti, senza dimenticare di sondare il tormento interiore e le speranze dei protagonisti.

Ingravalle diventa il compagno con cui i lettori affrontano un viaggio angosciante ma necessario. Anche se non abbiamo noi stessi vissuto fianco a fianco con la morte nelle trincee e non ci siamo battuti sulle rocce aguzze di montagne violentate dalla guerra, è doveroso conoscere e fare memoria; questo ci ricorda a ogni pagina l’autore, mentre si appoggia ai documenti per ricostruire il più fedelmente possibile le sofferenze di uomini irrimediabilmente sradicati dalle proprie vite per essere mandati a combattere contro un esercito straniero.

Completa la narrazione un nutrito apparato di fotografie storiche che ritraggono Ingravalle e i suoi uomini, episodi di vita militare e i luoghi teatro degli eventi raccontati.

I dimenticati di Cima Cady: una scoperta eccezionale sui prati del Tonale

Ogni cosa in quella buca testimoniava […] la presenza di un corpo; quelle radici bianche e spugnose che solo ora osservavo meglio, non era vegetazione, ma ciò che restava di piccole ossa: forse le dita di una mano.
Quei grumi di terra così ricchi di humus contenevano tutti dei resti di fibbie e parti delle dotazioni, da uno di questi sgranai un gancio della custodia di una maschera antigas austriaca. A lato iniziarono a comparire presto ossa e una scapola e mi fermai. Era proprio una sepoltura, ora dentro di me avvertivo più sconforto che sorpresa.
Quello che avevo davanti a me era ciò che restava di un uomo, un soldato che giaceva ancora contorto in quella buca da quella lontana notte del giugno 1918. Avevo tanto raccontato di quegli avvenimenti e ora tra le mani ne avevo la memoria tangibile, la più drammatica: un testimone muto.

Sergio Boem, “Sui prati del Tonale 94 stelle alpine”, p. 275

Una scoperta eccezionale, macabra e impressionante, quella di Boem. Ce la racconta lui stesso nelle ultime pagine del libro e nei lettori, a ogni parola, non può che insinuarsi un brivido. Sembra davvero di essere lì con lo scopritore, come se stessimo unendo le nostre mani alle sue nel rivoltare la terra, combattuti fra il timore di violare qualcosa di sacro, che dovrebbe rimanere custodito nel ventre della montagna, e il dovere morale di far riemergere la tragedia dimenticata di ben 94 soldati austroungarici mai più ritornati a casa.

Boem è partito da poco più che qualche accenno con cui il nonno, dopo aver annotato nel proprio diario i dettagli sulla battaglia di Cima Cady, ha seminato chiari indizi circa una sepoltura di soldati nemici rimasti uccisi nello scontro. Queste parole non sono state trascurate dal nipote, appassionato di storie e di montagna, e hanno intessuto un filo invisibile, ma più forte dell’acciaio, che dal 1918 è arrivato sino ai nostri giorni, per portarci un messaggio forte e chiaro sull’inaccettabile brutalità e sull’inutilità della guerra.

Da un lato un uomo e reduce che ha vissuto la guerra sulla propria pelle, dall’altro un nipote che ha fatto tesoro della sua testimonianza, che non si è arreso alle molte negligenze, alla sordità e alle dimenticanze del nostro tempo nei confronti di un passato doloroso che si preferirebbe non affrontare. Il fatto che a indicare il luogo della sepoltura sia stato proprio il nonno Ingravalle, che nella battaglia di Cima Cady ha combattuto in qualità di nemico dei soldati uccisi, dischiude un universale e categorico messaggio di pace che ci fa riflettere sulla guerra nella sua totalità, ponendoci davanti al dramma di tutti coloro che si sono ritrovati – o che ancora oggi si ritrovano – a fare la tragica esperienza di un conflitto bellico.


Titolo: Sui prati del Tonale 94 stelle alpine. Un incredibile ritrovamento, una vicenda riemersa dal passato, 1918 – i dimenticati di Cima Cady
Autore: Sergio Boem
Editore: Rendena, 2021

Genere: Romanzo storico
Pagine: 300
ISBN: 9791280542038

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Francesca Scotti

Classe 1991. Cresciuta in Franciacorta, vive a Brescia, sua città natale. Ha studiato letteratura inglese e tedesca, laureandosi con una tesi sui rapporti fra la cultura tedesca e il nazionalsocialismo. Legge e scrive per vivere. È autrice della silloge di racconti “La memoria della cenere” (Morellini, 2016) e dei romanzi “Figli della Lupa” (Edikit, 2018), “Vento porpora” (Edikit, 2020) e "La fedeltà dell'edera" (Edikit, 2022). Anima rock alla perenne ricerca di storie della resistenza bresciana, si trova maggiormente a suo agio tra le parole dei libri e sui sentieri di montagna.

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