Il contributo dei “forestieri” alla Brescia del secondo Ottocento nei racconti di Andrea Franzoni

Recensione di Chiara Massini per Brescia si legge

“[Il migrare] è uno degli elementi costitutivi del tessuto e dello spirito eternamente mutevole di quel meraviglioso organismo chiamato città, e di tutti noi che, per qualche imperscrutabile capriccio del destino, abbiamo finito per abitarvi”.

“I forestieri e l’anima della città”, di Andrea Franzoni

Una raccolta di racconti, un viaggio attraverso le vite di immigrati che hanno contribuito alla nascita di una Brescia moderna. Dieci spaccati di esistenze che si sono legate alla nostra città producendo tradizione. Un mix efficace di ricostruzione storica e verosimiglianza, di istantanee cariche di emozioni e tensione narrativa.

“I forestieri e l’anima della città. Storie di migranti a Brescia nella seconda metà dell’Ottocento”, scritto da Andrea Franzoni e pubblicato da LiberEdizioni, è una raccolta di racconti ambientati nella Brescia della seconda metà dell’Ottocento che ci fa conoscere la storia di chi – già in tempi lontani – ha lasciato il suo segno in città pur non essendoci nato.

Dieci episodi emblematici

Un franco-bresciano e centocinquantanove polacchi vi si specchiarono insieme, come un solo uomo, riconoscendosi in un’unica storia di oppressione e di rivolta

L’ambasciatore, in “I forestieri e l’anima della città” di Andrea Franzoni

Numerosi sono i personaggi che hanno fatto grande Brescia, o che almeno l’hanno resa ciò che è ora, pur non essendoci nati o avendo radici in terre addirittura nemiche e ostili. Il libro ne racconta dieci, mettendo in scena altrettanti episodi emblematici delle vite di alcune di queste figure storiche che hanno avuto un peso specifico per la nostra città pur avendo radici straniere.

Donne e uomini che nel corso dell’Ottocento hanno portato qualcosa di sé in questa umile città fatta di vicoli stretti, case umide, soffitte sgangherate e molti pregiudizi, e che qui hanno trovato una casa, un luogo dove metter radici, costruire una famiglia e lasciare la propria impronta nella storia.

Alcuni hanno combattuto fianco a fianco con i bresciani per salvare la patria divenuta comune, dando a volte la vita; altri hanno lottato con tenacia e pazienza per farsi accettare finendo comunque per lasciare il segno.

Come nel caso del signor Wührer, protagonista di uno dei racconti più suggestivi.

Franz Saverio e i suoi figli

“Con il tempo, però, le cose erano gradualmente migliorate e la città si era finalmente svelata. Dopo tre anni buoni, anche alcuni ragazzi bresciani avevano finalmente cominciato a frequentare la sua birreria. (…) con il tempo Franz aveva imparato a conoscerli. E, per loro, aveva deciso di mutare il suo secondo nome (Xaver) in Saverio”.

L’oste, in “I forestieri e l’anima della città” di Andrea Franzoni

I bresciani sono a conoscenza dell’esistenza di Borgo Wührer e della omonima marca di birra; molti però non sanno, probabilmente, che una parte così nota della loro città deve il suo nome a un immigrato, Franz Xaver (detto Saverio) Wührer, un oste nato austriaco giunto a Brescia nel 1828 portando con sé la ricetta di quella che sarebbe diventata in tutto il mondo la famosa birra Wührer.

Il racconto dedicato a questo personaggio ripercorre i primi anni della vita di questo artigiano che introdusse a Brescia un prodotto (la birra) distante rispetto alla tradizione locale, riscuotendo inizialmente successo tra gli impopolari soldati occupanti (austriaci come lui) e suscitando invece nella città un atteggiamento diffidente e sospettoso.

Se il padre aveva cercato inizialmente di rimanere lontano dai riflettori e di rimanere in disparte, in un periodo di crescente tensione tra occupanti austriaci e popolazione italiana, ben più significativa fu la posizione dei figli che partirono giovanissimi per combattere da patrioti italiani le forze di occupazione (uno di essi perse la vita) spingendo anche il padre, infine, a prendere – almeno nella finzione letteraria – una posizione.

F. Guillaume, il fondatore del Teatro Sociale di Brescia

Da una storia all’altra, si passa poi al personaggio successivo.

Passeggiando per le vie del centro e tra le pagine del libro ci imbattiamo così nel Teatro Sociale, primo teatro cittadino dedicato alla prosa, fondato da François Louis Guillaume nel 1851.

Questo giovane francese era fuggito dalla rivoluzione e si era unito ad una compagnia circense che lo avrebbe portato in Italia, stabilendosi a Brescia. Qui erano nati i suoi figli e proprio qui aveva deciso, dopo anni nomadi in giro per l’Europa, di aprire il primo teatro stabile della città dedicato allo spettacolo popolare.

Anche per lui questa città era stata una madre adottiva che a braccia aperte aveva accolto questo suo figlio straniero, nato in un contesto diverso ma divenuto parte della sua grande famiglia.

Nel cuore della Brescia di fine Ottocento

Uno degli aspetti che caratterizzano questa raccolta, è la capacità dei racconti che lo compongono di portare il lettore direttamente nel luogo e nel tempo raccontato, nell’episodio che costituisce il cuore di ogni racconto, tenendolo per mano durante una battaglia o un giro in barca o introducendolo nei pensieri dei personaggi nel momento in cui essi fanno la storia.

L’autore sembra essere proprio lì, vicino a noi e vicino all’uomo che vuole cambiare le condizioni delle carceri bresciane o in piazza nel momento esatto in cui viene acceso il primo lampione della città, o ancora nella predica del pastore valdese o sulle rive del lago di Garda durante l’inaugurazione di uno dei primi hotel.

Raccontare identità e intercultura partendo dalla storia locale

Tante altre sono le storie e i volti che hanno lasciato il segno nella cultura e nell’identità locale e numerose sono le immagini evocate nel libro di Andrea Franzoni, ma il titolo contiene anche un’altra parte altrettanto fondamentale.

Non solo “i forestieri” ma anche “l’anima della città”, quel fuoco che ha spinto molti a trovare qui la propria casa e a contribuire alla sua evoluzione. Questo perché l’obiettivo dell’autore era anche quello di esprimere la condizione universale del migrare, combinando concetti come identità, intercultura e tradizione.

Attraverso la storia locale, quindi qualcosa di vicino a noi, il lettore si può rendere maggiormente conto di quanto le migrazioni siano sempre esistite, non sono quindi solo un fenomeno del nostro tempo che minaccia noi, le nostre tradizioni e la nostra identità. Perché quelle tradizioni e quella identità sono frutto anche delle esistenze di moltissime persone che nel corso dei secoli si sono incrociate, portando a quello che siamo oggi. Anzi, proprio per questo le nostre radici sono ancora più robuste e forti.

Un esempio per tutti di queste fusioni sono gli inni nazionali italiano e polacco che si citano a vicenda. E come ricorda Gabriele Rosa al giovane professore Vittorio Grünwald nell’ultimo capitolo:

Valligiani e contadini, orfani e santi, soldati e osti, poveri e ricchi: tutti sono stranieri gli uni per gli altri. (…) Eppure si capiscono, ragazzo. O, almeno, non smettono di provarci”.

Il professore, in “I forestieri e l’anima della città” di Andrea Franzoni

Perché se c’è una parte giusta e una sbagliata della storia, questa non ha nazione, religione o razza. Come canta un famoso rapper contemporaneo, “non conta se ci nasci, conta se la ami”.


Titolo: I forestieri e l’anima della città. Storia di migranti a Brescia nella seconda metà dell’Ottocento
Autore: Andrea Franzoni
Editore: LiberEdizioni

Genere: Racconti storici
Pagine: 160
Isbn: 9788885524422

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Chiara Massini

Laureata in "Scienze della comunicazione" e in "Editoria e giornalismo" a Verona, è appassionata da sempre di lettura e scrittura. Nel 2019 ha pubblicato la sua tesi di laurea dal titolo “La fanfiction” e successivamente alcuni racconti in antologie. Ha lavorato in biblioteca, si occupa di organizzare eventi e presentazioni di libri, gestisce un gruppo di scrittura online. Sul suo comodino non possono mai mancare almeno 3 libri (di cui uno urban fantasy) e un bicchiere di succo ace.

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