“Balletti verdi”: lo scandalo omosessuale che scosse la Brescia del 1960. Intervista a Stefano Bolognini

I nostri classici” sono una selezione arbitraria di libri bresciani usciti qualche tempo fa, che – per qualche motivo – hanno lasciato il segno.

Intervista a cura di Chiaraluna Cinquini per Brescia si legge

“Ho scritto queste righe non con l’intenzione di dare risalto alla discriminazione che la società ha perpetrato ai danni dei gay, ma per aggiungere un breve capitolo alla storia di Brescia, capitolo che alcuni, impunemente, avrebbero voluto censurare e dimenticare”

Stefano Bolognini, autore di Balletti verdi: uno scandalo omosessuale

Nel 1960 un ‘clamoroso scandalo’ turbò i bresciani e portò la nostra città alla ribalta in tutta Italia mettendo a nudo l’omofobia del tempo – prima di sciogliersi come neve al sole, lasciandosi però alle spalle una scia di sofferenza.

Tutto ebbe inizio quando un padre denunciò alle forze dell’ordine i fatti che avevano coinvolto il figlio adolescente: il genitore, insospettito dalla disponibilità di denaro del ragazzo, scoprì che li aveva ricevuti in cambio di prestazioni sessuali con altri uomini.

L’indagine partì rapidissima e con effetto domino – ogni persona ne chiamava in causa altre – facendo gonfiare il numero degli indagati ed alimentando una fake news (diremmo oggi) dopo l’altra. Decine di omosessuali dichiarati o meno, si trovarono così a dover giustificare la propria sessualità davanti ad un pubblico inferocito e perbenista e furono costretti a difendersi da accuse di pedofilia, prostituzione o favoreggiamento. Parecchie vite vennero stravolte, alcune spezzate e con esse anche quelle delle loro famiglie, dove segreti intimi e dolorosi vennero svelati nella maniera meno opportuna. Il periodo elettorale contribuì a dare visibilità e creare rumore attorno alla vicenda in un caso che ben presto diventò nazionale. Serpeggiavano racconti di feste goderecce e all’insegna del lusso sfrenato dove partecipavano vip e personaggi del mondo dello spettacolo del calibro di Mike Bongiorno, Dario Fo e Franca Rame.

Quando tutto si sgonfiò, e la maggior parte degli indagati vennero scagionati, tutto tornò ad essere ciò che era sempre stato: una vicenda privata e non penalmente rilevante dai risvolti amari, dove chi fu coinvolto non poté fare altro che ritirarsi a vita privata o quantomeno tornare invisibile. 

“Balletti verdi: uno scandalo omosessuale” (Liberedizioni 2000 – acquista qui), esordio del giornalista ed attivista LGBT bresciano Stefano Bolognini, ripercorre con puntualità i fatti tramite gli articoli ed i documenti del tempo ma anche grazie alle testimonianze di chi si trovò coinvolto nella vicenda e che subì sulla propria pelle la gogna mediatica e la feroce ondata di odio e intolleranza dell’opinione pubblica. Pubblicato da LiberEdizioni nel 2000, “Balletti verdi” delinea un quadro completo della situazione, fornendoci  gli strumenti utili affinché ogni lettore possa farsi un’idea di ciò che realmente è stato e della cultura omofoba che innescò – nell’ottobre del 1960 – questo scandalo.

Brescia si legge ha intervistato Stefano Bolognini facendosi raccontare gli elementi centrali e l’origine di questo suo prezioso lavoro di ricerca che permette di riscoprire una vicenda rimossa dalla memoria collettiva, chiedendosi anche qual è il senso di Balletti verdi oggi.

Stefano, cosa ti ha spinto a occuparti di questa vicenda che sembra essere sparita dalla memoria collettiva?

Probabilmente una forma di follia tardo adolescenziale (ride). Più seriamente e in generale due elementi: mia madre che al mio coming out mi chiese se ero uno “come quelli dei balletti verdi” e l’incontro con uno storico (Giovanni Dall’Orto n.d.r.) che mi suggerì di approfondire per provare a intraprendere la carriera di giornalista.

Avevo di fronte un dubbio da sciogliere e un’opportunità: mi misi a chiedere in giro che cosa fossero stati i balletti verdi. Ne emerse una storia LGBT che nessuno aveva ancora raccontato.

I balletti verdi di Brescia furono uno tra gli i più emblematici scandali omosessuali in Italia, ma restano uno tra i casi meno studiati: perché?

Dopo la pubblicazione e la pubblicazione della voce “balletti verdi” su Wikipink e Wikipedia i balletti verdi sono entrati fortunatamente anche nell’analisi storica, che risulta comunque ancora parziale, sull’esperienza di omosessuali, lesbiche e trans.

Quando scrissi quel lungo saggio nessuno, se non i diretti interessati e cioè noi omosessuali, eravamo interessati a ricostruire la nostra storia, analizzare le nostre esperienze, capire eventualmente come ha funzionato, funzione e impatta su di noi oggi, la discriminazione.

Credo che i nostri vissuti fossero giudicati poco interessanti o, in qualche modo, per nulla edificanti. Ora c’è maggior attenzione, ma non ancora un confronto sereno, almeno in ambito accademico, con l’analisi della nostra esperienza di minoranza.

Come hai affrontato, giovanissimo, la reticenza a ricordare vissuti dolorosi, da parte di chi all’epoca dei fatti era coinvolto?

Allora avevo poco più di vent’anni ed ero più spavaldo di oggi: ho bussato a molte porte, e qualcuno dopo anni di sofferenza ha deciso di parlare. I tempi erano maturi per affrontare e rendere pubblici anche delle esperienze molto dolorose.

In qualche modo questa vicenda ha avuto un ruolo nel tuo percorso di attivista?

Mi ha fatto conoscere ed entrare in un circuito di grande fermento culturale: volevamo diritti, ed eravamo in tanti. Ed è stato l’inizio di un percorso che mi ha fatto abbracciare la necessità di un approfondimento culturale e non solo politico delle nostre battaglie.

Tutti, anche oggi, si rivolgono alla politica per chiedere diritti e maggior benessere LGBT. Io resto convinto che oltre alle leggi abbiamo bisogno di esprimere la nostra cultura peculiare. Le nostre esperienze sono per forza di cose diverse, lo sono i nostri amori, e questo ha un valore sociale enorme. Fare cultura, o almeno provarci, è stata la mia militanza; e dotare le nuove generazioni di strumenti culturali sarà la sfida del futuro.

Abbiamo vinto molto in termini di diritti e cambiamento sociale, ma va mantenuto e abbiamo qualcosa da insegnare anche alle relazioni eterosessuali, all’universo dell’accettazione e, perché no, alla liberazione del sesso e dei corpi.

Quanto è diverso essere omosessuale oggi rispetto all’epoca dei balletti?

Per un ragazzino o una ragazzina quell’esperienza è inimmaginabile. Va letta per essere almeno idealmente concepita. La segretezza assoluta era quanto si poteva al massimo concepire per i nostri amori. Un incubo, ma nonostante le difficoltà e il grave pregiudizio sociale questi uomini e donne riuscivano ad amarsi.

Lo trovo incredibile, è un po’ come se il nostro essere gay o lesbiche sia più forte delle catene morali e sociali che ci impedivano di vivere. Di fatto ci amavamo anche quando potevamo rischiare con la nostra stessa vita i nostri affetti.

Fino a che punto i “balletti verdi” vennero strumentalizzati in nome della bagarre politica, in un gioco di rimbalzo di colpe?

Quando scoppia lo scandalo sono prossime le elezioni. Ho l’impressione che lo scandalo vada analizzato anche calato in quel clima politico. Qualche partito, conservatore o cattolico, avrebbe voluto speculare su di un rinnovo dei costumi morali sulla pelle degli omosessuali. Il problema è che lo scandalo, per funzionare in termini elettorali, avrebbe dovuto essere piccolo, invece coinvolse tutta Italia e sfuggì di mano a chi lo aveva avviato. Ed i cattolici ne uscirono con le ossa rotte a causa di alcuni preti coinvolti.

A quale prezzo si decise di sacrificare la vita privata di decine di omosessuali per un puro indice di gradimento?

Pagammo un prezzo alto: alcuni dei coinvolti si suicidarono, molti ebbero le vite rovinate. Gli sposati, molti lo erano ai tempi, ovviamente, ma ricordo il caso di una coppia gay su tutte, i loro soprannomi nella sottocultura gay bresciana per la loro bellezza erano rosa rossa e rosa gialla, si trasferirono all’estero. Avevano circa vent’anni e non avevano fatto alcun reato: erano omosessuali.

Spesso nel libro vengono riportati articoli giornalistici che ben riassumono l’opinione collettiva dell’epoca, in cui non sussiste differenza tra omosessuale, invertito, pedofilo. Quanto questa convinzione è ancora radicata nell’opinione collettiva?

Quando un fenomeno non si conosce è facile generalizzare. Penso che sia ancora radicata la sovrapposizione gay e pedofilo e, insieme l’idea di inversione come se esistesse un senso o una direzione giusta, quella eterosessuale, dove andare.

Non è così e le nostre esistenze sono qui a dimostrarlo: dobbiamo e possiamo andare in tutte le direzioni senza togliere nulla alla bellezza delle relazioni umane.

Quanto è vero che l’omosessualità femminile è meno discriminata o quantomeno meno mal tollerata rispetto a quella maschile? È davvero una forma di accettazione o risulta essere ancora una volta una poca considerazione e stima della donna?

Per me non è vero. Credo che l’omosessualità femminile si sia mimetizzata meglio di quella maschile, ma non è tollerata. Ancora oggi una donna che sceglie l’indipendenza è considerata un problema. Figuriamoci una donna che ama una donna… c’è ancora molto da fare per la parità.

Vorrei che si riflettesse su questo: oggi conosciamo i balletti verdi, uno scandalo gay maschile, ma del vissuto delle donne che amavano le donne in quella Brescia non sappiamo nulla. E questo la dice lunga su quanto si fatichi ancora oggi a confrontarsi sui temi lesbici. In generale ci consentono di sopravvivere, ma tanti preferirebbero vederci tornare nei labirinti della segretezza.

Come attivista e giornalista LGBTQ+ a che punto collochi Brescia nel cammino verso l’integrazione delle diversità?

Brescia è una città cattolica, borghese e ricca. Ha avuto molti pregiudizi, è stata coinvolta in uno scandalo nazionale, forse il più grande del novecento, ma ha fatto molti passi avanti negli ultimi anni con il primo Brescia pride del 2017 reso possibile grazie al grande lavoro dell’associazionismo.

A Brescia si vive bene da omosessuali, ma bastano 30 chilometri in provincia per incontrare il deserto degli affetti. Credo che si possa fare di più e meglio, ogni omosessuale lesbica e trans dovrebbe avere il diritto di vivere serenamente in qualsiasi luogo. Su questo Brescia deve investire molte energie culturali.

Sei al lavoro su una nuova opera? Se sì, di cosa si tratta?

Sto facendo un approfondimento sulla pornografia gay, ne voglio scrivere una storia analitica e seria. Va bene la discriminazione ma l’esperienza LGBT è anche gioia. E nel sesso c’è parte di questa gioia. Voglio raccontare e percorrere anche quel tipo di esperienza. L’omosessualità mi ha costretto a percorrere strade diverse da quelle tradizionali… e come per i balletti verdi, di cui nessuno parlava, anche la pornografia è un tabù. Eppure la usiamo quasi tutti. Da quando? Come? Perché? A queste domande sto divertendomi molto a rispondere…


Titolo: Balletti verdi: uno scandalo omosessuale
Autore: Stefano Bolognini
Editore: Liberedizioni, 2000

Genere: Saggio storico
Pagine: 96
Isbn: 9788898858590

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